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Le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno emesso ieri due ordinanze interlocutorie con le quali chiedono alla Corte di Giustizia europea di pronunciarsi in via d’urgenza sulla garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo deve versare per evitare di essere trattenuto in un centro alla frontiera in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione.
Le Su erano chiamate a vagliare 10 ricorsi del ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui il tribunale di Catania non ha convalidato, nei mesi scorsi, i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto Cutro. In particolare le Su chiedono se sia compatibile con la legislazione europea «una normativa di diritto interno che contempli quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente) la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante l’intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo».
Sebbene nelle ordinanze si legga che per le Su esiste una «prognosi, ad una prima valutazione, di non manifesta infondatezza dei motivi del ricorso del ministero dell’interno e del Questore della provincia di Ragusa», tuttavia, come ci spiega Chiara Favilli, ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Firenze, «è evidente che la Cassazione conferma che esiste un dubbio di compatibilità del dl Cutro con il diritto dell’Unione, altrimenti avrebbe accolto il ricorso dell’Avvocatura dello Stato.
La differenza rispetto al provvedimento Apostolico è che il Tribunale di Catania ha ritenuto, non avendo l’obbligo di rivolgersi alla Corte sovranazionale, di poter risolvere il dubbio disapplicando la norma italiana, mentre gli ermellini si sono rivolti all’Europa: in quanto giudici di ultima istanza, infatti, hanno l’obbligo di rinviare alla Cgue». Quindi Piazza Cavour sembra dare un colpo al cerchio e uno alla botte: il governo pare non avere torto (valutazione meramente politica?) pur adombrando alcuni profili di incompatibilità del dl Cutro con la normativa Ue, preferendo però rivolgersi alla Cgue invece che decidere autonomamente ( valutazione giuridica). Infine la professoressa
ci spiega che «sarà difficile che la Corte di Giustizia europea accolga la richiesta di una pronuncia in via d’urgenza, che avverrebbe entro tre mesi. Accade raramente – spiega la giurista -. Più probabile che si decida entro i canonici 17 mesi di media». La conseguenza più forte di questa decisione delle Su è che adesso il dl Cutro è congelato fino alla pronuncia dell’Europa e che i provvedimenti presi fino ad oggi di trattenimento potrebbero essere revocati.
Per Rosa Maria Lo Faro, difensore di sei dei 10 migranti trattenuti dal Questore di Ragusa e poi liberati dal tribunale di Catania, «con le ordinanze delle Su sono sospesi fino alla pronuncia della Corte di Giustizia Ue i 10 ricorsi presentati dall'Avvocatura dello Stato per conto del ministero dell’Interno. La Cassazione ha confermato i dubbi interpretativi che sono sorti dalla emissione del decreto Cutro. Qui in Italia le leggi non sono chiare, perché dovrebbero essere compatibili con le norme internazionali e non si capisce se lo sono». La questione accese anche il dibattito tra la maggioranza e le correnti progressiste della magistratura come AreaDg e Magistratura democratica.
Per questo non si è lasciata attendere la reazione di Silvia Albano, presidente di Md: «La decisione conferma che gli attacchi nei confronti della giudice Apostolico erano privi di senso anche sul piano giuridico. Le Su confermano che c’è un problema di conformità alla direttiva delle norme che prevedono una garanzia finanziaria come alternativa alla detenzione nei centri. Quando il giudice rileva profili di illegittimità delle norme per la non conformità al diritto della Ue o alla Costituzione non lo fa certo per fare opposizione al governo, ma esercita la funzione che la Costituzione e i trattati gli attribuiscono. Ciò significa anche – ha concluso Albano - che la pronuncia delle Sezioni unite non dovrebbe essere caricata di significati, in un senso o nell’altro. È un fisiologico controllo di legittimità: quello della Corte di Cassazione, quello della giudice Apostolico, quello di tutti i giudici che hanno ragionevolmente espresso dubbi su quel decreto». Abbiamo chiesto anche un commento a Magistratura indipendente, che invece aveva criticato il provvedimento della Apostolico, ma non abbiamo ricevuto riscontro.