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IMAGOECONOMICA
Il punto forse è che proprio non ci si rassegna all’idea di una riforma senza secondi fini. O più precisamente, si ritiene inverosimile che il garantismo sia fine a se stesso. Che dietro non vi sia l’urgenza di proteggersi da qualche insidia giudiziaria. Potremmo chiamarla “sindrome post-Berlusconi”. Che poi sarebbe ascrivibile al più generico novero delle nevrosi, la cui meccanica pare funzioni più o meno così: un evento stressante induce una reazione, che poi continua iterativamente a manifestarsi nonostante la cornice, cioè l’evento stressante di cui sopra, sia venuta meno.
Così oggi si continua a credere che qualsiasi riforma garantista nasconda, se non proprio intenti strumentali come quelli contestati al Cavaliere, quanto meno una generica inclinazione al paraculismo istintivo, come gli istinti di sopravvivenza del mondo animale.
Preambolo lungo ma necessario perché la storia è strana.
Il “Fatto quotidiano”, lo scorso 19 settembre, pochi giorni dopo che era entrata in vigore l’abolizione dell’abuso d’ufficio, avrebbe telefonato allo studio di un odontoiatra trevigiano, dunque concittadino del guardasigilli Carlo Nordio, si sarebbe spacciato come segreteria particolare dello stesso ministro e avrebbe chiesto un appuntamento da lì a tre mesi per l’igiene orale. Presa nota della data prescelta, la segretaria si sarebbe vista praticamente sbattere il telefono in faccia, senza avere il tempo di fare domande. Lei, la collaboratrice dell’odontoiatra, richiama il numero. Nessuna risposta. Mistero.
S’ingegna, cerca il centralino di via Arenula, chiede conferma che davvero il ministro verrà a dicembre per l’ablazione del tartaro, dall’altro capo della cornetta trasecolano, si rincorrono telefonate interne di verifica, si capisce che c’è qualcosa di strano e parte una mini-indagine ministeriale. A condurla è la polizia penitenziaria, corpo che, tra l’altro, assicura la sicurezza del guardasigilli (sono gli agenti della penitenziaria, per dire, a presidiare l’ufficio passi del ministero che fu di Togliatti). Finché si accerta che il numero da cui era partita la prenotazione per il dentista è il numero della redazione del “Fatto quotidiano”.
Avete già capito, anche se non avevate ancora sentito parlare di questa storia (ricostruita sabato scorso dal “Giornale”). O forse no, vi manca un pezzo: Gian Antonio Favero, l’odontoiatra trevigiano al centro di questa specie di scherzo telefonico, aveva patteggiato una pena (sospesa) a un anno di carcere, per abuso d’ufficio, e il “Fatto quotidiano” cercava conferma che quel medico fosse proprio il dentista di fiducia di Nordio. Riteneva di averla ottenuta, quella conferma. Tanto che il giorno dopo, 20 settembre, aveva proposto un articolo così intitolato: “Condanna cancellata - Abuso d’ufficio, Nordio salva pure il suo dentista”.
Nel pezzo non si maligna che il guardasigilli tenesse tanto a sopprimere l’articolo 323 del codice penale anche per refreshare il casellario del proprio medico: diciamo che è piuttosto la “prossemica” (cioè quel tipo di titolo pubblicato su un giornale contrario sia alla riforma che al ministro) a insinuare nel lettore qualche cattivo pensiero.
Ci sono due finali della storia. Primo: la polizia penitenziaria ha trasmesso alla Procura di Roma una comunicazione di reato per sostituzione di persona. Bisogna capire se l’ingegnoso trucco del quotidiano di Marco Travaglio integri, appunto, un illecito.
L’altra conseguenza è che, dopo il dettagliato articolo con cui il “Giornale” (di Sallusti) ha raccontato della strana e contorta questione, da via Arenula (sempre sabato scorso) è partito il seguente comunicato: “In merito all’articolo pubblicato dal Giornale “Nordio e il dentista”, e confermandone contenuto, documentazione e ricostruzione, si aggiunge che, inoltre, il dentista Gian Antonio Favero, raggiunto da una falsa telefonata del ministro Nordio, non è mai stato il suo dentista”.
Pare ci sia un altro Nordio, a Treviso, che effettivamente affida le proprie arcate al dottor Favero. A ingannare il “Fatto” sarebbe stata un’omonimia. Capita. Ma al netto di tutto: che ci vuole a rassegnarsi all’idea che uno abolisce l’abuso d’ufficio perché ci crede veramente, e non perché vuole risparmiare sull’igiene orale?