«Lei è un pubblico ministero, si rende conto di quello che dice?». Il tono del giudice Roberto Spanò era incredulo rivolgendosi al pm della procura europea Sergio Spadaro, imputato a Brescia con il collega di Milano Fabio De Pasquale per non aver depositato prove favorevoli alle difese del processo Eni-Nigeria, conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati. La frase incriminata pesa, potenzialmente, come un macigno: «Sapevo c’era stato un accordo col procuratore di Brescia che questa circostanza emergesse nei 507», ha spiegato Spadaro, cioè con l’ammissione di nuove prove. La circostanza da far “emergere” era il presunto avvicinamento da parte dei legali di Eni Paola Severino e Nerio Diodà del presidente del collegio Marco Tremolada, il quale - stando al racconto dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara - avrebbe assicurato ai legali l’assoluzione degli imputati. Amara aveva raccontato tale circostanza - un de relato de relato - ai magistrati Paolo Storari e Laura Pedio, che lo stavano sentendo nell’indagine sul “falso complotto Eni”. E Spadaro e De Pasquale avevano provato a portare quelle dichiarazioni nel processo sulla presunta maxi tangente, chiedendo di ascoltare Amara come teste, inserendo tra i punti per i quali sentirlo anche le presunte interferenze nei confronti dei giudici. Tremolada, ignaro di tutto, respinse la richiesta dei pm. Ma nel frattempo le dichiarazioni di Amara erano state spedite per competenza a Brescia, dove il fascicolo d’indagine a carico d’ignoti fu chiuso nel giro di poco.

Spadaro, però, giovedì ha lanciato in aula una bomba: stando alle sue parole, il procuratore di Brescia, Francesco Prete, era d’accordo con l’idea di far emergere in aula quanto dichiarato da Amara. Insomma, un accordo per svelare un’indagine in corso, ha fatto notare Spanò, a voler semplificare al massimo la questione. Prete, ascoltate le parole di Spadaro, ha deciso di abbandonare momentaneamente l’aula: «Visto che si parla di me, esco - ha affermato -. Valuterò poi le mie decisioni». Una frase indicativa della volontà di tutelare il proprio onore nelle sedi opportuna. Il clima, in aula, si è fatto dunque teso: Spadaro ha giustificato la propria affermazione facendo riferimento ad un messaggio inviatogli da De Pasquale il 4 febbraio 2021, che Spanò ha letto in aula: «Tutto ok a Brescia. La circostanza deve emergere in dibattimento anche per l’altro Francesco». Ci sarebbe stato, dunque, non solo l’assenso di Francesco Greco, all’epoca procuratore di Milano, ma anche quello di Prete, stando a quel messaggio, a cui l’omologo milanese aveva spedito le dichiarazioni di Amara. «Ma il procuratore di Brescia che riceve un fascicolo contro ignoti - ha dunque sottolineato incredulo Spanò -, avrebbe l’interesse di interferire in un procedimento di Milano indicando ai pm di udienza quello che dovrebbero fare? Quindi lui ha un’indagine che è segreta e va a dire al pubblico ministero “no guardi, va bene, è segreta ma tu a questo punto divulgala”? Ma si rende conto della gravità di quello che sta dicendo?».

Dopo Spadaro è stato proprio Francesco Greco a prendere la parola: «Probabilmente nel corso dell’incontro col dottor Prete abbiamo parlato di questo 507. Non penso che nessuno di noi abbia espresso giudizi o cose di questo genere o almeno io non lo ricordo. Probabilmente, usciti da qui ci siamo sentiti o mi ha chiamato De Pasquale per chiedermi com’è andata e ho risposto “è andata bene, abbiamo spiegato tutto a Prete”. Francamente non credo che io possa aver detto una cosa del genere. Io non posso rispondere per whatsapp fatti da altri». Greco ha chiarito che la testimonianza di Amara, con il riferimento a Tremolada, era stata chiesta per non essere «accusati dalle difese di averla occultata». Un concetto che non ha convinto il pm Donato Greco: «Occultare cosa? Trasmettendo a Brescia lei aveva fatto il suo lavoro» e tanto bastava. Il pericolo, ha però argomentato Greco, era che, una volta in aula, Amara potesse parlare della circostanza anche senza che qualcuno gli ponesse la domanda. «Quali potevano essere le reazioni delle difese? Voi cercate di boicottare il Tribunale», ha detto facendo alcuni esempi. Tale sensazione, però, è stata suscitata comunque, proprio per il tentativo di inserire quella testimonianza in una maniera considerata anomala dalla procura di Brescia. Che ha fatto notare a Greco una «contraddizione»: l’aver portato il verbale a Brescia, sperando che si potesse «fare assolutamente in fretta, in qualche giorno fare le indagini» mentre qualche istante dopo si creavano «le condizioni perché le dichiarazioni di Amara poste alla base di quel procedimento diventassero pubbliche, nella modalità più esplosiva possibile». Per Greco, però, «una cosa è chiedere il 507 e una cosa è andare all’udienza del 507». Insomma, le tempistiche non sarebbero state così celeri. Ma di certo, la notizia - a prescindere dall’indagine su Tremolada che, ha sottolineato Greco, «non c’è mai stata, per fortuna» - sarebbe deflagrata in maniera forse irreversibile, probabilmente azzerando tutto il processo. Che, stando alle dichiarazioni di Spadaro, non si sarebbe potuto basare sulle sole dichiarazioni di Vincenzo Armanna, il grande accusatore considerato un millantatore dal Tribunale.

L’interpretazione data da Storari è, in effetti, devastante: «De Pasquale, Spadaro e Greco si vogliono togliere di mezzo un presidente del collegio», aveva dichiarato qualche settimana fa davanti alla sezione disciplinare del Csm, dove si trova a “processo” per lo scandalo dei verbali di Amara. Tremolada scoprì tutto solo dai giornali. E non la prese benissimo, al contrario di quanto raccontato da De Pasquale ai giudici di Brescia nel corso del processo. «Le lascio immaginare - ha detto il magistrato sentito come teste dal Csm -, non ho mai fatto niente di tutto questo. E mi sono arrabbiato più che con Amara con i pm di Milano. Loro avevano la prova documentale, nel processo, che quelle dichiarazioni non potevano essere vere, anche dal punto di vista temporale: Amara aveva detto che io avrei promesso una sentenza di assoluzione entro marzo 2020, perché Descalzi ad aprile doveva essere riconfermato come amministratore Eni». Ma ancora prima della richiesta di sentire Amara come testimone, il presidente aveva stilato un calendario d’udienza che si allungava fino al 2021.

Ma non solo: giovedì in aula Spadaro si è spinto a dire che le prove nascoste alle difese sarebbero state, invece, favorevoli all’accusa. Un’affermazione che pm e presidente hanno tentato di scandagliare a lungo, increduli di fronte all’idea che le chat in cui si parlava apertamente del pagamento di un teste potessero sembrare a sostegno dell’accusa. Si tratta dei ventuno messaggi nei quali Armanna parla con Isaac Eke, testimone chiamato a confermare il racconto dell’ex dirigente Eni, che secondo quanto scoperto da Storari in quelle chat – consegnate a Spadaro e De Pasquale – sarebbe stato «indottrinato attraverso l'invio di articoli di stampa» e pagato per confermare la versione di Armanna. Che Eke nemmeno conosceva, dal momento che dalla sua cronologia web sono risultate numerose ricerche per assegnare un volto a quel nome. Il pm Donato Greco ha evidenziato che in quei messaggi si parla della testimonianza e dei soldi dati da Armanna, ma Spadaro sorprende tutti: erano soldi, a suo dire, pagati per avere un file con il nome dei publici ufficiali corrotti da Eni, dunque quei messaggi sarebbero stati utili all’accusa. Un’ipotesi, la sua, come quella contraria e pertanto da approfondire. Ma non per l’accusa di Eni – Nigeria. Per Spadaro, quelle chat non sarebbero state interessanti per Tribunale e difensori e anche il video in cui Armanna spiega di voler far arrivare su Eni una «valanga di merda» con un’apposita denuncia – poi presentata due giorni dopo quel video – sarebbe stato a favore della tesi dell’accusa. E ciò perché «sembrava che Armanna stesse facendo affari proprio con Eni, perché Amara all'epoca era un avvocato che lavorava per Eni». Spanò, però, non ha fatto passare inosservata l’illogicità delle sue affermazioni: «Una cosa che per voi non è decisiva può esserlo per la difesa. Non vi siete posti questo problema?». Evidentemente no.