Doveva essere uno dei testi più micidiali dell’accusa. Ma è finito per rivelarsi un boomerang, già in sede di esame, con una totale smentita della tesi accusatoria. Si tratta dello psicologo forense Giuseppe Bresciani, ctu nel caso della piccola K. che aveva chiamato i carabinieri perché lasciata da sola a casa dai genitori -, che ieri ha testimoniato nel processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza, meglio noto come “Angeli e Demoni”.

Secondo l’accusa, Bresciani sarebbe stato indotto in errore dall’assistente sociale Francesco Monopoli, dalla psicologa Imelda Bonaretti e dalla psicoterapeuta Nadia Bolognini, nonché dalle affidatarie della bambina, con il racconto di fatti o circostanze sul conto della minore non veritieri o chiaramente suggestivi, con riferimento a comportamenti sadici, sessualizzati e seduttivi derivanti - a loro dire da ragioni relative al vissuto in famiglia.

Il perito ha però confermato in aula la propria perizia, rivendicandone la correttezza, anche in relazione al vissuto traumatico della bambina, emerso anche negli incontri da lui avuti con la minore. Ma soprattutto, compito di Bresciani non era quello di effettuare valutazioni sulla psicoterapia o sul trauma, bensì sulla capacità della bambina di sostenere un un incidente probatorio attendibile.

Su domanda dell’avvocato Luca Bauccio, difensore insieme a Francesca Guazzi di Bolognini, Bresciani ha affermato di non aver avuto l’impressione che Bolognini mentisse e che gli era sembrata preparata. Inoltre ha anche sottolineato che anche in presenza di maltrattamenti non è inusuale che un bambino manifesti il desiderio di tornare a casa dai propri genitori. Non per questo, però, è consigliabile assecondarlo: il fatto che K. avesse chiesto, in qualche circostanza, di tornare a casa, dunque, «non mi avrebbe fatto cambiare idea rispetto alle mie conclusioni». Non solo: Bresciani ha anche confermato che la psicoterapia deve trattare il trauma per curarlo, a prescindere se i fatti narrati siano oggettivamente veri o falsi, dovendo intervenire perfino nei casi in cui siano immaginari. «Quel che conta è che il bambino guarisca», ha sottolineato, aggiungendo anche, su domanda di Guazzi, che a seguito della terapia K. era migliorata molto, risultando più centrata e presente. Inoltre, quanto aveva ascoltato nei due anni di incontri con la bambina era coerente con una storia di traumatizzazione precedente, confermando dunque le diagnosi di disturbo traumatico e di disturbo dell’attaccamento formulate sia da Bonaretti sia da Bolognini.

Anche ai suoi occhi, inoltre, sarebbero apparsi evidenti gli aspetti di sessualizzazione precoce, come risultava evidente, ha dichiarato, dai disegni, dalle affermazioni, dagli scritti e da quello che poi K. aveva raccontato nel corso di incidente probatorio.

Il terapeuta, ha spiegato Bresciani, ha come obiettivo non solo quello di rendere consapevole il bambino di ciò che ha subito, ma anche, nei casi in cui gli abusi siano opera dei genitori, di chiarire chi è colui che gli ha fatto del male, per evitare, da adulto, di reiterare quegli stessi comportamenti. E si deve cercare sì una pacificazione con il genitore, ma con quello introiettato. La pacificazione “reale”, invece, dipende anche dal genitore. Altro tema quello relativo alla «ideologia» Lgbt, molto valorizzato in sede di sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria, ma non menzionato, oggi, in aula dalla pm: stando ai verbali di sit, Bresciani aveva chiarito che se avesse saputo della comune battaglia delle affidatarie (difese da Andrea Stefani e Valentina Oleari) e della responsabile dei Servizi sociali Federica Anghinolfi (difesa da Oliviero Mazza e Rossella Ognibene) in tema di diritti Lgbt avrebbe valutato in modo diverso i dichiarati delle affidatarie, attribuendo loro minore credibilità. In aula, però, Bresciani ha affermato che si trattava di una questione non pertinente e non rilevante rispetto alla sua indagine, così come non lo era un eventuale rapporto tra Anghinolfi e le affidatarie.

Lo psicologo ha incontrato 12 volte la minore, sottoponendole alcuni test. Pratiche, queste, «fondamentali» secondo il teste, per comprendere il mondo interiore di un minore. Cosa che le consulenti dell’accusa non hanno fatto, a loro dire per evitare di produrre un trauma. Ma l’idea di provocare un trauma con un test sarebbe un «controsenso», secondo lo stesso Bresciani.

Tra gli argomenti trattati anche un disegno fatto da K., che Monopoli (difeso da Nicola Canestrini e Giuseppe Sambataro) avrebbe presentato a Bresciani come connotato sessualmente: quella che sembrava una tigre con un arcobaleno che nasceva dal fondoschiena era, però, in realtà un cavallo, al quale la bambina aveva disegnato anche l’organo sessuale. È emerso inoltre che Monopoli aveva riferito che prima dell’allontanamento aveva dato una valutazione positiva del nucleo familiare, che dopo una prima presa in carico del servizio (con tanto di denunce tra i genitori e un passaggio in comunità di madre e figlia) sembrava essersi dimostrato adeguato. Motivo per cui l’episodio dell’abbandono - con tanto di chiamata ai carabinieri lo aveva lasciato sorpreso. Alcune mail, inoltre, dimostrano che Monopoli aveva cercato di facilitare l’incontro tra padre e figlia: era stato lo stesso assistente sociale, infatti, ad informare Bresciani della presenza dell’uomo in Italia, quando rientrava dalle trasferte di lavoro all’estero. Inoltre lo informava anche degli episodi di dissociazione sui quali le affidatarie chiedevano informazioni - all’epoca non c’era ancora una diagnosi di epilessia -, chiedendo a lui di chiarire la questione. Episodi di dissociazione che, comunque, non necessariamente erano legati, a suo dire, all’epilessia. Ma non solo: Bresciani ha confermato che la bambina stava bene con le affidatarie, mentre provava più disagio che desiderio all’idea di rivedere il padre. K. avrebbe più volte, infine, dichiarato la propria felicità per il rapporto con le affidatarie, tant’è che secondo lo psicologo sarebbe cresciuta in modo positivo nel corso di quella relazione di affido, elemento che rende fragile l’accusa di maltrattamenti.