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«A me vogliono dettare l’agenda? No, assolutamente, non era né questo l’atteggiamento né questo il clima». Il tono con cui Giuseppe Conte ricostruisce il vertice andato in scena nella notte tra domenica e lunedì con i suoi vice premier restituisce solo parzialmente l’immagine di un governo molto diviso sui temi economici.
E anche se tutti i protagonisti dell’incontro giurano sulla cordialità dei rapporti interpersonali, la frattura politica è difficile da nascondere: da un lato il capo del governo e il ministro dell’Economia, barricati sulla linea della responsabilità e del confronto con l’Ue, dall’altro i leader dei due partiti di maggioranza, orgogliosi sostenitori della linea “sovranista” con Bruxelles.
Dopo settimane di campagna elettorale, infatti, Luigi Di Maio e Matteo Salvini ritrovano la sintonia perduta, a danno dell’inquilino di Palazzo Chigi, sospettato di “intelligenza col nemico europeo”. E se il capo del Carroccio alza un muro, «non ci sarà nessuna manovra correttiva e nessun aumento di tasse», dice Salvini, quello del Movimento 5 Stelle gli dà manforte, convinto che l’Ue non andrà «fino in fondo» con la procedura nei confronti del nostro Paese. Peccato che nel pomeriggio, a smentire Di Maio ci pensi il Comitato economico e finanziario del Consiglio, definendo «giustificata» un’eventuale procedura per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese.
Per Conte è la conferma della bontà della sua visione, già esposta nel corso del vertice notturno ai due vice premier, e ribadita nel corso della giornata: la procedura d’infrazione «va evitata» a tutti i costi. «Sono assolutamente fiducioso nella capacità di dialogo tanto del nostro governo quanto della Commissione europea.
Una procedura di infrazione sarebbe estremamente dannosa sia per le prospettive di crescita del nostro Paese che per l’intera Eurozona», spiega il primo ministro, prima di ribadire un concetto che non fa di certo esultare leghisti e grillini: «L’impegno del governo è quello di concordare con i partner europei un percorso credibile di riduzione del debito, nel segno della sostenibilità sociale e senza attuare manovre recessive, che sarebbero in contraddizione con l’agenda di rilancio della crescita adottata sin dallo scorso anno». E per evitare pericolosi fraintendimenti con Lega e M5S, Conte annuncia di aver chiesto ai due leader, dopo il vertice, una ulteriore «riunione economica, perché dobbiamo confrontarci».
Ma che il governo non abbia alcuna intenzione di apparire di mostrarsi sprezzante alle “minacce” di Bruxelles non è solo una convinzione del premier, la linea del dialogo è la stella polare anche per il ministro del Tesoro Giovanni Tria. L’Italia punta ad un «compromesso» con l’Ue, una mediazione «ragionevole» per scongiurare la procedura sui conti, spiega Tria, in audizione alla Camera sull’azione disciplinare annunciata dall’Europa.
La strategia è chiara: trattativa a oltranza per rassicurare Parlamento e mercati sui piani del governo, neutralizzando pericolosi rialzi dello spread che pesano su crescita e risparmio. «È nel nostro interesse arrivare a un compromesso e normalizzare definitivamente le condizioni del nostro mercato dei titoli di Stato, la cui solidità è fondamentale non solo per i risparmiatori e le istituzioni finanziarie del Paese ma anche e soprattutto per una vera ripresa dell’economia», sottolinea il titolare di via XX settembre nel suo intervento a Montecitorio.
E da Bruxelles si inserisce nel dibattito anche il presidente uscente della Commissione Jean Claude Juncker, che dopo aver definito «un problema serio» la situazione italiana si rivolge direttamente al ministro del Lavoro Di Maio: si comporti «in modo da avere ragione», è il consiglio di Juncker, in merito alle parole con cui il leader 5S metteva in dubbio le reali intenzioni “punitive” dell’Ue.
Il governo andrà pure avanti altri quattro anni, come ripetono tutti i protagonisti della maggioranza giallo- verde, ma da oggi Di Maio e Salvini hanno un nuovo nemico: Giuseppe Conte.