Riportiamo di seguito la lettera aperta al Dubbio del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, in merito all’interrogazione parlamentare presentata dal presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Come riportato nella cronaca di ieri, l’azzurro ha ritenuto «sconcertante e vergognosa» la decisione dei giudici della Corte di Appello di Roma di ridurre la pena a 11 anni e 4 mesi a Gabriel Natale Hjorth, condannato per concorso anomalo nell’omicidio del carabiniere Cerciello Rega, e di concedergli i domiciliari. Gasparri ha anche definito «fattorino dei magistrati» il presidente della Camera penale di Roma, Gaetano Scalise, che in una nota aveva stigmatizzato l’interrogazione di Gasparri, accusandolo di cavalcare il dolore e ignorare il diritto. All’interrogazione ha risposto due giorni fa il vice ministro della Giustizia Sisto, sostenendo la correttezza dell’operato dei magistrati. (V.S.)


Esprimo la mia convinta solidarietà all’avvocato Gaetano Scalise, presidente della Camera penale di Roma, destinatario di una aggressione verbale, con espressioni irriguardose che non è il caso di riprendere, ad opera di un senatore dell’attuale maggioranza parlamentare.
L’avvocato Scalise è divenuto bersaglio dell’invettiva non già (o, meglio, non solo) per aver difeso dei magistrati, in specie i componenti della Corte di appello di Roma che hanno ridotto la pena ad un condannato per omicidio e hanno sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con gli arresti domiciliari, ma per aver innanzitutto tutelato l’autonomia della giurisdizione, a cui partecipano paritariamente magistrati e avvocati.
In gioco, allora, non v’è soltanto la magistratura, che sa essere indifferente alle pressioni esterne, esercitando la sua funzione con indipendenza di giudizio, professionalità e attenzione alla concretezza di ogni singola vicenda, quanto il processo, la giurisdizione nel suo complesso, la cui alta e insostituibile funzione di garanzia è bene primario della collettività democratica.
Si deve esser consapevoli che, quando si mette in discussione la libertà di giudizio di Tribunali e Corti, anche se ciò avviene in un’aula parlamentare, si chiama in causa la libertà stessa dell’avvocatura.
Per queste semplici e fondamentali ragioni, avvocatura e magistratura, sia pure nella diversità, a volte radicale, delle loro posizioni, non possono che ritrovarsi unite e compatte a difesa di una giurisdizione autonoma, indipendente, libera, al servizio esclusivo dell’effettività dei diritti e delle garanzie delle persone.
Occorre, però, e sul punto so di non raccogliere il consenso delle Camere penali, avviare una riflessione più ampia.
Il contesto politico in cui sta prendendo corpo il disegno di legge di revisione costituzionale della magistratura sotto l’usurata etichetta della separazione delle carriere si connota per non pochi episodi di dichiarata insofferenza per una giurisdizione realmente indipendente e autonoma.
Ricordo, e non vado oltre nei richiami esemplificativi, di aver incontrato l’avvocato Scalise all’assemblea straordinaria che l’Anm indisse per discutere dell’azione disciplinare intentata contro la Corte di appello di Milano, incolpata di aver deciso di sostituire nei confronti di un imputato la misura della custodia carceraria con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
A quell’assemblea presero parte i rappresentanti delle Camere penali e, appunto, l’avvocato Scalise, che non fece mancare il suo intervento in favore delle prerogative costituzionali della giurisdizione.
La mia domanda è a questo punto se non sia il caso di muovere dall’osservazione attenta del quadro politico-culturale, per nulla omogeneo nella condivisione delle premesse che, ho detto prima, ci accomunano come magistrati e avvocati, e quindi valutare la riforma in discussione con uno sguardo capace di profondità critica, per coglierne in anticipo e con avvedutezza tutte le possibili implicazioni e ricadute. So di concludere questa mia breve lettera con un azzardo, dato che la separazione delle carriere è vessillo delle battaglie riformatrici delle Camere penali; ma so anche, e in tal modo rispondo per tempo a chi potrà dirmi che ho peccato di ingenuità, di poter confidare sulla grande sensibilità costituzionale dell’avvocatura italiana.
*Presidente dell’Associazione nazionale magistrati