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«L’Avvocato Francesco Perli venne accusato per un’intercettazione falsa: trascrissero “inquinato” al posto di “impugnato”. Riuscì a ottenere l’originale e fece sentire in udienza l’audio della telefonata vera. Oggi è stato condannato a 5 anni per quella prova artefatta. Giustizia?»: così scriveva su X, ex Twitter, il 31 maggio 2021 l’attuale Ministro della Difesa Guido Crosetto.
Ma chi è l’avvocato Perli? È un noto legale amministrativista che fu incaricato dall’Ilva nel 2002 di assistere davanti al Tar e al Consiglio di Stato il consigliere delegato Fabio Riva e il direttore generale dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso per importanti questioni tecnico-giudiziarie. Vince numerose cause davanti ai tribunali amministrativi ma nonostante questo viene indagato nell’esercizio della sua funzione perché non avrebbe operato correttamente. Il contesto è quello del processo ‘Ambiente Svenduto’, relativo al presunto disastro ambientale avvenuto a Taranto negli anni dei Riva, dal 1995 al 2013. Come sappiamo quel 31 maggio la battaglia giudiziaria fu vinta dall’accusa ma il 19 aprile ci sarà l’appello.
Francesco Perli è stato condannato a 5 anni e 6 mesi per associazione per delinquere e concussione. Ha rinunciato alla prescrizione per l’accusa di abuso di ufficio. Secondo la Procura aveva rapporti diretti e non strettamente istituzionali con funzionali della Regione Puglia e del Ministero dell’Ambiente e avrebbe fatto pressioni per far ottenere all’azienda il certificato AIA (autorizzazione integrata ambientale). La difesa di Perli durante il processo aveva fatto leva su errori, anche clamorosi, nelle trascrizioni delle intercettazioni e su decine di sentenze ottenute dal giudice amministrativo che, avendo dato ragione a Ilva, per la difesa dimostravano come la via maestra scelta dall’azienda, attraverso Perli, per far valere le sue ragioni fosse quella, e non la “rete di relazioni” o le pressioni indebite esercitate da Perli.
Come ci spiega lo stesso Perli, assistito dagli avvocati Guido Camera e Giorgio Gallico, «la sentenza di primo grado, per quanto riguarda la mia condanna, si sostanzia in una inaccettabile criminalizzazione del diritto di difesa». Gli chiediamo i motivi: «sono stato intercettato per mesi mentre discutevo della strategia difensiva con i miei assistiti. Quelle trascrizioni effettuate dalla Guardia di Finanza sarebbero dovute essere rese inutilizzabili, invece sono state usate per costruire un sistema accusatorio evanescente, basato non su fatti ma solo su quelle intercettazioni».
Tra l’altro, ci dice Perli, «le mie affermazioni in dette intercettazioni sono anche state completamente distorte nelle trascrizioni. Quando poi abbiamo sentito l’integrale delle intercettazioni ci siamo resi conto che alcune parti mancavano ed erano state tagliate appositamente per dare tutt’altro significato alla conversazione». Ma forse la circostanza più eclatante riguarda una intercettazione in particolare: «in una trascrizione, utilizzata in giudizio dalla Procura, c’era scritto che io avrei ammesso “di aver inquinato gli atti del Comune di Taranto” mentre io avevo, riferito al mio cliente di “aver impugnato al TAR Puglia – Lecce l’ordinanza 04.06.2010 del Sindaco di Taranto che pretendeva di fermare o, comunque, di limitare fortemente, l’attività produttiva dello stabilimento ILVA”».
Perli ci racconta che «i pm presenti in udienza hanno sostenuto di non aver sentito la registrazione della copia forense dell’intercettazione fatta ascoltare in dibattimento dal mio legale. La coraggiosa Cancelliera della Corte, in udienza, ha invece dichiarato di averla perfettamente sentita, tanto da ricevere gli strali dei pm presenti, e da indurre anche la Corte a sospendere il processo, riunirsi in Camera di Consiglio e convocare immediatamente in udienza il perito che ha riconosciuto il grave errore commesso. Accanto a questa mia vi è stata un’altra conversazione erroneamente trascritta in danno del presidente della provincia di Taranto Giovanni Florido e dell’assessore Conserva che, sulla base di tali errate prove, sono stati incarcerati e costretti alle dimissioni dagli incarichi pubblici che ricoprivano».
Inoltre, aggiunge il legale, «da parte della Procura e del Collegio giudicante c’è stata una assoluta sottovalutazione del ruolo dell’avvocato amministrativista che ha la stessa dignità di quello penalista, e di tutte le sentenze passate in giudicato a favore dell’Ilva che io ho ottenuto, di certo non andando a pranzo con i funzionari del Ministero dell’Ambiente ma grazie al mio lavoro decennale. Ho prodotto una corposa documentazione durante il processo ma è stata completamente ignorata». Infine, Perli ci racconta un altro episodio particolare: «Il giudice a latere dottoressa Fulvia Misserini che ha scritto la sentenza (con un anno e mezzo di ritardo) è la sorella dell’avvocato Giuseppe Misserini di Taranto che è stato mio avversario nella causa avanti il Consiglio di Stato. Non si profila una questione di incompatibilità ma almeno di inopportunità. Un giudice non solo deve essere imparziale ma deve anche apparire tale».