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Ben 8 anni fa per me iniziò un inferno. Era il 10 aprile 2015 quando elicotteri e mitra vennero a prelevarmi da casa nel cuore della notte su un mandato di cattura emesso dalla procura di Brindisi che mi costò 3 giorni in isolamento, 25 giorni di reclusione nel penitenziario di Brindisi e 9 mesi di arresti domiciliari. Essa rimarrà negli annali per la sua eccezionalità in quanto ha rappresentato l’unico caso di arresto preventivo di amministratori comunali (non più nell'esercizio delle loro funzioni) e di custodia cautelare per reati contro la Pa con una durata pari a 10 lunghissimi mesi. Fu arrestata quasi tutta la giunta del Comune di Cellino San Marco insieme a degli imprenditori. Io ero accusato di corruzione e associazione a delinquere, fui sospeso dall’istituto dove lavoravo come docente di informatica applicata e terminò ogni mia attività all’interno del partito in cui militavo da anni, il PdL. Dopo quello che ho vissuto sulla mia pelle, e due condanne in primo e secondo grado, ora nutro speranza per il giudizio della Cassazione.
Purtroppo la recente sentenza della Corte di Appello, che mi condanna a 6 anni di reclusione, pur di punirmi, non si attiene ad una importante decisione del supremo Giudice amministrativo quale il Consiglio di Stato riguardo una doverosa interpretazione di una decisione del consiglio comunale sull’individuazione di un terreno per fare il centro di raccolta rifiuti. Inoltre per l’altro mio capo di imputazione risulterei un “corrotto senza corruttore”; al tempo stesso non mi sono state riconosciute le attenuanti generiche pur essendo incensurato e cittadino correttissimo e rispettoso delle leggi. Eppure le carte parlano chiaro: sto affrontando un processo ordinario che mi vede come unico imputato con tempi lunghissimi per un’accusa infondata a mio carico equivalente al valore di euro 1.000 (il prezzo di uno smartphone!) quale mera interpretazione di un provento illecito. Leggendo con attenzione i dialoghi delle intercettazioni, si capisce che quella somma era una quota di uno sponsor scaturita nel massimo della trasparenza operativa per una raccolta fondi - per il lancio del Pdl nelle elezioni politiche del 2013 con parlamentari eletti che si tenne con un piccolo evento a Cellino -, ricercata, pubblicizzata ovunque e parzialmente reperita in quanto io, da buon militante politico, ho sempre rimesso di tasca mia il resto delle spese di ogni iniziativa elettorale che interessava la fascia sud della provincia di Brindisi.
A distanza di 8 anni sono sereno, felice, sono titolare di un’azienda con un buon fatturato, ho una cattedra, sono circondato da tantissimi affetti e soprattutto sono il padre di un bellissimo bimbo di 4 anni di nome Tommaso. Purtroppo non mi sento ancora libero, mi pesa interiormente un velo di semilibertà che mi affligge e si ritorce dentro perché la mia passione, i miei ideali, il mio lavoro, le mie conquiste le reputo mutilate dal mio stesso garbo istituzionale. La mia unica e orgogliosa consolazione sono i miei tanti affetti, la mia famiglia, gli amici, i consiglieri, gli assessori, i sindaci che con la loro militanza e attivismo hanno palesemente fatto della “mia” battaglia, la “loro” battaglia. Questi tristi episodi ti segnano, non li dimenticherò mai. Trovo veramente inspiegabile che nel 2023, nel Paese di Beccaria, si debba subire e restare inermi davanti ad un giudice relatore di primo grado sui social network in pose plastiche ritratto in fotografie di feste private abbracciato con il Pm che mi ha accusato, oppure osservare un giudice che quasi si assopisce davanti ad un’arringa magistrale del mio legale difensore. Tra un anno, a distanza di dieci dai fatti contestatimi, probabilmente ritornerò in carcere, e la mia vita sarà nuovamente segnata come quel maledetto 10 aprile del 2015. Non mi resta che pregare Dio, il vero Giudice di tutti Noi. Anche se ora tutto è nelle mani di un Giudice di Roma.