A volte il problema del centrodestra, rispetto alle riforme della giustizia, è nell’ampiezza dei dossier e anche nella loro natura “multipolare”. La materia delle intercettazioni può essere considerata emblematica, di questo discorso. In teoria, il ministro della Giustizia Carlo Nordio avrebbe dovuto riservare a una revisione organica degli “ascolti” il secondo dei suoi “maxi- ddl” (la legge sulla separazione delle carriere fa “conto a parte”, visto che si tratta di una riforma costituzionale).

Il primo pacchetto Nordio è da pochi giorni legge dello Stato: si tratta dell’arcinota riforma che tra l’altro sopprime l’abuso d’ufficio. Lo step successivo, in base al cronoprogramma di un annetto fa, avrebbe dovuto riguardare appunto gli le intercettazioni. Ma poi diversi aspetti della materia sono stati trattati e approvati, almeno in prima lettura, all’interno di altri vettori legislativi.

Tanto che il solo capitolo sul quale non è ancora arrivato un intervento organico resta il trojan. È comunque sul tavolo, del guardasigilli ma anche di diversi parlamentari, lo stop alla possibilità di utilizzare il virus spia per reati dall’allarme sociale non gravissimo. A riguardo, Nordio ha ribadito pubblicamente, anche in tempi recenti, di voler riservare a se stesso l’iniziativa. E ha chiesto perciò ai senatori della maggioranza di attendere.

Proprio a Palazzo Madama il centrodestra ha, in effetti, esibito la più spiccata intraprendenza, in materia di captazioni giudiziarie: circa un anno fa ha condotto un’ampia indagine conoscitiva, che ha prodotto una relazione finale. Alcuni frutti di quel lavoro, di cui si sono occupati in particolare la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno, della Lega, e il capodelegazione azzurro nello stesso organismo, Pierantonio Zanettin, hanno trovato spazio in successivi provvedimenti.

Un obiettivo, in particolare, è stato già raggiunto proprio grazie a Zanettin: il divieto non più solo di “trascrizione” ( già introdotto, grazie al Cnf, nella riforma Orlando- Bonafede) ma anche di “ascolto” per i colloqui fra l’avvocato e il suo assistito, con conseguente distruzione del materiale intercettato per errore. «Sì, questo è uno dei capitoli già risolti», ricorda Zanettin al Dubbio, «grazie a un emendamento che il sottoscritto ha proposto durante l’esame in commissione del ddl penale di Nordio», quello appunto relativo all’abuso d’ufficio e che, come detto, è ormai legge dello Stato. Con quella riforma, com’è noto, è stato introdotto, per volontà del guardasigilli, anche il divieto di trascrivere le intercettazioni dei terzi estranei alle indagini, a tutela della loro privacy.

Ci sono poi altri due capitoli della “riforma multipolare” delle intercettazioni che sono a uno stadio già piuttosto avanzato. In entrambi vanno riconosciuti, di nuovo, i meriti dei senatori di centrodestra, e del duo Bongiorno- Zanettin in particolare. Sono infatti i due relatori dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni ad essere i primi firmatari della legge che equipara la messaggistica contenuta negli smartphonbe alle captazioni giudiziarie propriamente dette, con tutto quanto ne consegue in termini di garanzie e di necessità, per i pm, di ottenere l’autorizzazione dal gip. Ebbene, il testo in questione, che introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 254 ter, è stato già approvato da Palazzo Madama ed è ora nelle mani della commissione Giustizia di Montecitorio.

È plausibile che possa rientrare fra i provvedimenti in grado di dribblare l’ingorgo della sessione di Bilancio, considerato che, sulla regolamentazione degli smartphone sequestrati all’indagato, si è battuto con grande impegno anche il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. Ha ottenuto il via libera in commissione ma attende ancora il sì dell’aula di Palazzo Madama, invece, un’altra proposta di legge firmata da Zanettin: quella nata per sancire i divieti sulle intercettazioni dell’avvocato e che poi, dopo l’accoglimento delle tutele per i difensori all’interno del maxi- ddl penale, si è incentrata sul limite dei 45 giorni imposto alle Procure per effettuare gli “ascolti”. «Come si vede, si tratta di una batteria di interventi che in alcuni casi sono già entrati nell’ordinamento, e che in altri sono pronti, già in parte esaminati, e in attesa solo di essere rilanciati alla riapertura del Parlamento» , osserva Zanettin. «Di fatto il solo segmento della riforma per il quale non è mai neppure iniziato un effettivo esame parlamentare è quello dei trojan. Noi, nell’indagine conoscitiva, ce n’eravamo occupati, e ho personalmente tenuto a che nella relazione finale trovasse posto quanto memo il richiamo all’urgenza di una ridefinizione della materia. In seguito, il ministro Nordio ci ha chiesto di riservare alla sua personale iniziativa il capitolo dei virus spia. Ecco perché io stesso ho tenuto da parte la mia proposta di legge, che peraltro va nella direzione indicata di recente dallo stesso guardasigilli: limitare uno strumento così invasivo ai reati che mettono in pericolo la sicurezza dello Stato e l’incolumità pubblica, come mafia e terrorismo».

Vorrebbe dire sopprimere l’iperbolica norma voluta da Alfonso Bonafede nella “spazzacorrotti”: l’estensione del virus spia ai reati di corruzione. Ci aveva provato la delegazione forzista nella commissione Giustizia di Montecitorio: il capogruppo Tommaso Calderone e gli altri due deputati Annarita Patriarca e Pietro Pittalis avevano già proposto di inserire lo stop all’uso dei trojan per i reati contro la Pa all’interno della legge di conversione del decreto 105. Si tratta del provvedimento voluto l’anno scorso da Palazzo Chigi per estendere ai reati non associativi le norme antimafia sulle intercettazioni.

Alla fine, la correzione garantista non passò, ma Calderone, Patriarca e Pittalis riuscirono a ottenere il sì degli alleati ad altre tre importanti modifiche garantiste: i limiti alle captazioni a strascico, l’obbligo per il gip di autorizzare l’uso delle intercettazioni con ordinanze che non siano la fotocopia delle richieste avanzate dai pm e il divieto, per la polizia giudiziaria, di attirare l’attenzione dei cronisti con il riferimento, nei brogliacci, a circostanze “piccanti” associate ai brani privi di particolare rilevanza. Altre piccole tessere del puzzle. Che, ricomposto, è effettivamente a uno stadio assai più avanzato di quanto si possa immaginare.