La nuova stretta sulle intercettazioni, prevista nella proposta di legge “modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione”, rischia di diventare «un divieto a indagare» : lo ha detto ieri il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione Giustizia della Camera, in merito alla pdl a prima firma del senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, già approvata a Palazzo Madama. «Qual e è lo scopo di questa riforma?», si è chiesto il magistrato che ha aggiunto: «Perché, potendo protrarre le indagini fino a 18/ 24 mesi in alcuni casi, devo privarmi di un mezzo essenziale» se ho il potere e «quindi anche il dovere di indagare su una notizia di reato» che è stato commesso? «Mi è difficile comprendere le ragioni di una riduzione così drastica del periodo delle intercettazioni tenendo presente che spesso gli audio carpiti nei primi mesi di indagine vengono realmente compresi sulla base di altre attività investigative o di altre intercettazioni fatte nei mesi successivi».

Ha spiegato ancora Lo Voi: «Già oggi è prevista all’articolo 267 terzo comma la possibilità per il giudice di autorizzare la proroga delle intercettazioni in corso solo se permangono i presupposti del primo comma, tra cui l’indispensabilità, che deriva da quanto già acquisito dalla pg su delega del pm», quindi la riforma sembrerebbe quasi una «ripetizione» e fissare a 45 giorni il limite diventerebbe «una limitazione non al regime delle intercettazioni in generale – lo è anche –», ma anzi «una eliminazione di un potere che non è del pm, ma del giudice», potere che è «quello di valutare i risultati delle intercettazioni fino a quello che si è raccolto al momento della richiesta di proroga, cosa che non potrà essere più fatta dal giudice una volta trascorsi i 45 giorni». Previsione per Lo Voi che quindi «è molto più grave».

Poi l’allarme: «Non esistono soltanto il terrorismo, la criminalità organizzata, il cybercrime, ci sono reati gravissimi per cui 45 giorni di intercettazioni, in realtà, non basteranno mai e tutto questo si trasforma in una specie di divieto ad indagare», ha proseguito il procuratore della Capitale. «Le intercettazioni sono un mezzo investigativo temuto da tutti coloro che commettono reati, sia che si tratti di organizzazioni criminali sia che siano coinvolti in reati contro la pubblica amministrazione, tutto ciò non mi fa comprendere perché dovremmo andargli a fare questo regalo», ha concluso.

Audito ieri anche il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, per il quale il limite dei 45 giorni è un «termine non corretto dal punto di vista metodologico in relazione a qualunque tipologia di reato», benché «si debba dare atto al legislatore» di aver escluso dalla novità normativa «i reati di criminalità organizzata, terrorismo, ma indirettamente anche quelli contro la pubblica amministrazione», rispetto ai quali la modifica «non dovrebbe avere alcuno effetto deleterio».

Si è poi augurato che il limite di durata delle intercettazioni «non incida su reati che possono essere di particolare delicatezza e gravità come quelli del codice rosso» in quanto «soprattutto in riferimento a questi la necessità a volte di protrarre le indagini può essere in qualche modo collegata all’esigenza di dover monitorare i soggetti che commettono questa tipologia di reati», ha aggiunto. Ma questo è già stato previsto in un vertice di maggioranza di fine ottobre.

Cantone ha poi difeso i giudici per le indagini preliminari, spesso accusati di essere appiattiti sulle richieste della magistratura requirente: «Il gip, a differenza di quello che si crede, in molte occasioni ritiene di non dover prorogare le indagini e, quindi, questa attenzione ad evitare il prolungamento delle intercettazioni sine die, che è una attenzione che il legislatore correttamente prende in considerazione e correttamente si tratta di una esigenza di cui bisogna farsi carico, spesso è già oggetto di valutazione da parte dei giudici».

Per Cantone, «la legge nasce dall’idea in qualche modo anche di una sfiducia di quelli che sono i controlli che vengono effettuati dai gip sulle proroghe delle indagini». Parlando di reati come quelli legati allo spaccio e al traffico di droga, il procuratore ha spiegato che «va dato atto al legislatore di aver previsto una sorta di clausola di apertura, cioè la possibilità comunque di superare il termine dei 45 giorni, sia pure in presenza di una specifica valutazione che riguarda sia l’emergere di elementi specifici e concreti ma soprattutto richiedendo una motivazione rafforzata».

«Io credo che questa sia una possibilità oggettivamente significativa e importante - ha concluso - anche se renderà sicuramente più problematica la necessità di motivarlo, ma consentirà con riferimento soprattutto a reati che richiedono una attività continuativa di svolgimento delle intercettazioni, di utilizzare anche oltre i termini dei 45 giorni».