C’è un tema che incrocia in modo trasversale casi di cronaca nera, giustizia spettacolo e politica giudiziaria: le intercettazioni. L’uso che ne fanno le Procure e il corrispondente riverbero mediatico.

Ultimo esempio (solo in ordine di tempo): il processo per l’assassinio di Giulia Cecchettin, con il video dell’interrogatorio messo in onda dalla trasmissione di Rete4 “Quarto grado”: un documento non più sottoposto a segreto (siamo orma al dibattimento) ma che, dato in “prime time” contribuisce a rendere quella vicenda giudiziaria un evento virale. In realtà sul limite alla pubblicazione del materiale intercettato, che si tratti di brani audio o appunto di filmati, la riforma penale di Nordio da poco entrata in vigore ha già realizzato passi avanti, con la norma che impone di tutelare i terzi estranei al procedimento.

Sul piano più strettamente politico, il percorso di riforma degli “ascolti”, già piuttosto avanzato (sebbene affidato a vettori legislativi diversi), dovrebbe essere completato su tre versanti: i limiti all’uso dei trojan per i reati che non siano gravissimi, e dunque anche per i casi di corruzione (e sul punto il guardasigilli ha spiegato ai parlamentari di maggioranza che assumerà personalmente l’iniziativa), la disciplina sul sequestro e il prelievo di dati dagli smartphone, proposta, come diverse altre, dal senatore azzurro Pierantonio Zanettin a Palazzo Madama, dov’è già stata approvata, e ora all’esame della Camera, e – tasto che pare più delicato – la proposta di legge, firmata sempre da Zanettin e da mesi in attesa della calendarizzazione in aula al Senato, che limita a 45 giorni la durata ordinaria massima delle intercettazioni.

È qui che qualche frizione rischia di innalzare il clima nel centrodestra. Il limite del mese e mezzo è definito in modo che la Procura possa ottenere ulteriori proroghe solo se “l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione”.

Su quest’ultima proposta di legge firmata Zanettin è emersa una certa ingessatura, nel centrodestra, appena nascosta dalla compattezza trovata in maggioranza sulla separazione delle carriere, riforma cardine ma che sta, evidentemente, su un piano diverso. Le intercettazioni fanno puntualmente affiorare divergenze con il resto dell’alleanza ci sono.

Se n’è avuta prova dalle dichiarazioni rilasciate due giorni fa all’Ansa dal capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri, che ribadisce al Dubbio: «Ci sono le grandi riforme, ma vanno portati al traguardo anche altri provvedimenti come la legge Zanettin, che chiederemo alla capigruppo di portare al più presto in Aula, considerato che la commissione Giustizia ha dato via libera da quasi 6 mesi.

Ieri mattina il presidente dei senatori forzisti ha tenuto una riunione in videoconferenza con il responsabile Giustizia del partito, che è il viceministro Francesco Paolo Sisto, i parlamentari azzurri impegnati nelle relative commissioni il capogruppo alla Camera Paolo Borelli. Si è fatto il bilancio positivo delle proposte già entrate in vigore o comunque a buon punto in materia di intercettazioni, Ed è stata ribadita, appunto, l’urgenza di accelerare sul limite dei 45 giorni.

Una soluzione che, spiega l’autore Zanettin, «evita un uso distorto dello strumento investigativo che, con l’applicazione temporalmente illimitata a cui, per esempio, si è assistito nell’indagine su Tori, diventa un mezzo improprio per cercare una prova che non si ha». A Sisto è stato dunque chiesto di verificare la disponibilità a concludere, sulla proposta, l’esame in prima lettura, con la capigruppo del Senato che dovrà poi formalizzare l’intesa.

Ma qui si dovrà fare i conti innanzitutto con le perplessità di Fratelli d’Italia, che a metà luglio il sottosegretario Andrea Delmastro aveva sintetizzato come segue: «La proposta Zanettin ha un suo fondamento e solleva un problema vero, ma la questione non può essere risolta con una misura così draconiana come quella dei 45 giorni». Uno scetticismo non scalfito dall’eccezione che il testo in attesa di approdare in Aula prevede per i reati di mafia e terrorismo.

Le divergenze sulle intercettazioni sono per certi aspetti ontologiche, fra FI e FdI in particolare – la posizione della Lega è più articolata, non a caso la relatrice della proposta sui 45 giorni è la senatrice del Carroccio Erika Stefani – ma a complicarle contribuiscono ora le tensioni generatesi su tutt’altri dossier, dallo Ius scholae al “rischio” che Canale 5 trasmettesse un’intervista a Maria Rosaria Boccia. Se non si rimuovono certe incrostazioni, anche iniziative non certo “devastanti” come il limite temporale agli “ascolti” rischiano di mandare il centrodestra in cortocircuito.