Un corto circuito incomprensibile ai profani. E basta riportare la notizia di ieri, per rendersene conto: la Giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama ha respinto a maggioranza, cioè con i voti del centrodestra, la richiesta di Roberto Scarpinato, senatore 5S ed ex pm, di sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta sulla decisione della commissione parlamentare Antimafia, della quale Scarpinato è componente, di utilizzare le intercettazioni in cui lo stesso senatore ed ex pm parla con un altro ex magistrato, Giocacchino Natoli.

Nei loro colloqui, i due si sarebbero confrontati sulla deposizione che il secondo ha poi svolto dinanzi alla stessa commissione Antimafia. Il voto di ieri in Giunta per le autorizzazioni “estingue la controversia”: è definitivo e non richiede un passaggio nell’aula del Senato.

Basta la (inevitabilmente) contorta ricostruzione per avere idea del guazzabuglio. E il guazzabuglio ha prodotto, fatalmente, polemiche fra opposizione e maggioranza. Da una parte il Movimento 5 Stelle sostiene, per voce della senatrice Ada Lopreiato, capogruppo in Giunta per le autorizzazioni, che «il garantismo del centrodestra italiano è solo di convenienza: viene sventolato quando bisogna insabbiare le tante ombre che aleggiano al suo interno, per essere poi riposto nel cassetto quando c’è da scatenare la macchina del fango contro gli avversari».

Dal fronte avverso, i componenti forzisti dell’Antimafia (Pietro Pittalis, Mauro D’Attis, Maurizio Gasparri, Pierantonio Zanettin, Chiara Tenerini e Giuseppe Castiglione) hanno gioco facile nel ribattere che il M5s «ha scoperto il valore dell’articolo 68 della Costituzione dopo averlo ripudiato per anni come privilegio dei politici e non come un istituto a tutela dell’autonomia dei parlamentari da intromissioni del potere giudiziario. Ora improvvisamente», dicono gli azzurri, il Movimento «chiede» che quello scudo «sia applicato per un proprio senatore». L’obiezione del più garantista tra i partiti di governo è legittima. Dopodiché, assegnato il game dell’interminabile partita di tennis, la faccenda è troppo complessa per ridurla al battibecco.

Le intercettazioni della discordia, 33 file in tutto, sono state trasmesse nei mesi scorsi dalla Procura di Caltanissetta alla commissione Antimafia presieduta Chiara Colosimo, deputata di FdI. Si tratta di brani raccolti dagli inquirenti siciliani nell’ambito di un’indagine che vede l’ex pm di Palermo Natoli accusato di favoreggiamento a Cosa nostra, per via della distruzione dei nastri di un’inchiesta condotta nel ’ 92 dai pm di Massa Carrara sul clan Buscemi.

Alla commissione Antimafia è stato inviato solo il materiale relativo agli scambi tra lo stesso Natoli e Scarpinato. Tutta roba priva di rilievo penale. Ma i pm di Caltanissetta l’hanno messa a disposizione di Colosimo in modo che lei e gli altri componenti dell’Antimafia potessero soppesare le dichiarazioni rese, dinanzi alla stessa commissione, da Natoli sui fatti del ’92, considerato appunto che quelle dichiarazioni erano frutto di un preliminare confronto con uno dei parlamentari della Bicamerale, cioè Scarpinato.

La vera domanda, allora, è la seguente: può Scarpinato partecipare all’indagine parlamentare sui fatti del ’ 92 e in particolare sul dossier “Mafia- appalti”? Oppure, sebbene sia un componente dell’Antimafia, deve scattare per lui, rispetto a quel dossier, una specifica incompatibilità, visto che, caso Natoli a parte, l’ex pg di Palermo nel ’ 92 si occupò personalmente del dossier “Mafia-appalti”? E lo stesso discorso deve valere per Federico Cafiero de Raho rispetto a un’altra indagine aperta in Antimafia e relativa ai dossieraggi alla Dna, di cui de Raho è stato vertice?

In teoria il centrodestra ha già risposto: i due parlamentari 5S sono entrambi incompatibili. Tanto è vero che ha presentato una proposta di legge per “interdirli” rispetto ai due dossier. Peccato che questa legge sia in freezer: il relativo iter non è avanzato di un millimetro. Quindi il centrodestra non può impedire a Scarpinato di continuare a seguire l’indagine parlamentare sulle vicende di 35 anni fa. È un paradosso, per non dire un’ipocrisia. Che il voto di ieri non supera affatto.