«Esiste un problema di carattere organizzativo», ha spiegato con tono serafico, in conferenza stampa, il pm antimafia di Milano Paolo Storari, contitolare con la collega Sara Ombra dell’inchiesta sugli ultras di Inter e Milan, «se l’organizzazione non cambia, subentreranno altre persone che faranno», allo stadio, «le stesse cose di chi è indagato: bisogna iniziare a pensare che lo stadio sia un luogo dove non succedano certe cose. E questo si può fare solo con l’ausilio delle società».

Fin qui sembrerebbe un monito generale. Ma subito dopo Storari ha aggiunto un passaggio che è destinato a terremotare il calcio italiano: «Sicuramente delle falle ci sono state. L’aspetto dell’eventuale amministrazione giudiziaria va visto sotto un profilo non della agevolazione alla mafia, ma dell’intimidazione». Inter e Milan, due top club del calcio italiano e mondiale, rischiano insomma di finire come una qualsiasi azienda sospettata di interferenze mafiose: commissariate.
La maxi indagine della Procura di Milano che ha portato in carcere 19 persone con l’accusa di associazione a delinquere con aggravante mafiosa e finalizzata, fra l’altro, alla commissione di lesioni, estorsioni, risse e intestazione fittizia di beni, rischia adesso di spalancare le porte alla tutela di un amministratore giudiziario per le società calcistiche che non saranno in grado di provare l’assenza di asserite complicità con i presunti colpevoli.

L’ufficio inquirente del capoluogo lombardo, oltre a chiedere e ottenere i provvedimenti cautelari, ha infatti avviato anche un “procedimento di prevenzione” nei confronti di Inter e Milan. Le due società, non indagate, dovranno ora dar prova di non aver legami con il mondo ultrà, soprattutto sul fronte della gestione dei biglietti per le partite. In caso contrario si potrebbe arrivare davanti alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale per l’amministrazione giudiziaria. Uno scenario senza precedenti che, con una interpretazione estensiva, potrebbe ben essere replicato altrove.


Va detto, comunque, che sia il procuratore di Milano Marcello Viola che il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, rispondendo in conferenza stampa alle domande dei giornalisti sul punto, hanno cercato di smorzare i toni, confidando che le società calcistiche siano ben in grado di affrontare questa situazione.
Lo stadio Meazza e le attività economiche connesse, si legge dunque nelle circa 600 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Domenico Santoro, sarebbero “fuori da ogni controllo di legalità”. Ciò è avvenuto, “almeno in parte”, anche a causa di alcune carenze organizzative dell’Inter (in particolare) nella gestione dei rapporti con la tifoseria. Ad esempio, “controlli assolutamente carenti per gli ingressi allo stadio; forniture di biglietti a soggetti appartenenti alla criminalità che poi effettuano enormi ricarichi in sede di rivendita; partecipazione ai guadagni da parte di soggetti indagati ovvero già condannati per associazione di tipo mafioso, che poi trasferiscono il denaro alla famiglia mafiosa di appartenenza”.
Nell’ordinanza vengono sottolineati anche “contatti agevolatori” con gli ultrà finalizzati alla corresponsione di 1500 biglietti alla curva Nord nerazzurra per le partite di Champions, oppure la corresponsione di abbonamenti in occasione della estromissione di uno dei gruppi dal settore caldo del tifo, gli “Irriducibili”. Fra gli aspetti nel mirino degli investigatori c’è poi il costante ingresso allo stadio di soggetti privi di tagliando, agevolato dalle pesanti intimidazioni nei confronti degli steward, “situazione che va avanti da anni e a cui nessuno pare essere in grado di porre rimedio”.
Nel caso della curva Nord dell’Inter, dove le misure cautelari hanno raggiunto il capo ultrà Andrea Beretta e il vicecapo Marco Ferdico, sarebbero inoltre emersi legami con la cosca ’ndranghetista dei Bellocco. Il 36enne esponente della famiglia criminale calabrese, Antonio, un mese fa era stato ucciso a coltellate proprio da Beretta dopo una violenta lite sulla gestione dei proventi illeciti.
A far scattare l’inchiesta era stata l’omicidio di Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà dell’Inter, nell’ottobre del 2020. Scarcerato due anni prima dopo averne trascorsi in prigione ventisei, Boiocchi era stato ucciso a colpi di pistola. Il caso, ad oggi irrisolto, secondo gli investigatori sarebbe però stato legato ai dissidi per la spartizione degli introiti in curva e alle scalate di potere. Boiocchi in passato era stato infatti protagonista di estorsioni e intimidazioni
L’inchiesta ha potuto avvalersi di una precedente indagine condotta a tutto campo sulle attività illecite della Curva nord dal pm Leonardo Lesti, su cui si era espresso il gip Guido Salvini, con la Digos di Milano. Nel corso degli accertamenti, era stato già monitorato il reingresso di Boiocchi dopo la scarcerazione nel mondo della Curva e le nuove iniziative che stava assumendo il suo gruppo.