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C’è un incrocio sorprendente fra la riforma del processo penale e la richiesta di maggiore tutela che viene dalle forze dell’ordine: «Innalzare le pene per lesioni o oltraggio nei confronti di un pubblico ufficiale rischia di essere inutile», dice al Dubbio Daniele Tissone, segretario di un sindacato di polizia, il Silp- Cgil, non nuovo a prese di posizione coraggiose. «Non arrivo ad affermare che rispediremmo un provvedimento del genere al mittente. Dico però che se una nuova legge a nostra tutela si limitasse a innalzare minimi e massimi edittali per i reati commessi contro gli uomini delle forze di polizia, rischieremmo di non avere alcun effetto. Serve invece accelerare i tempi dei procedimenti penali: va evitato che un soggetto davvero pericoloso venga arrestato e sottoposto anche a misure cautelari, ma che poi l’iter dell’accertamento diventi talmente lungo da non arrivare a una sentenza. Adesso finisce che la condanna non arriva mai e che ci si ritrova con la stessa persona scarcerata e di nuovo in condizione di compiere gli stessi reati».
Messaggio che arriva nei giorni del tragico assassinio di Vincenzo Di Gennaro, il carabiniere ucciso sabato a Cagnano Varano e del quale oggi alle 16.30 si terranno i funerali a San Severo, alla presenza tra gli altri della ministra della Difesa Elisabetta Trenta. Sono anche i giorni, questi, in cui Luigi Di Maio da una parte e il ministero dell’Interno dell’altra - in particolare il sottosegretario Nicola Molteni, della Lega - si impegnano a inasprire le pene per chi, ad esempio, compie oltraggio verso gli agenti nel corso di manifestazioni, magari con il volto travisato. Ora, le richieste della Silp- Cgil forse non saranno perfettamente sovrapponibili alle ipotesi di riforma penale avanzate dal guardasigilli Bonafede, ma l’obiettivo è senz’altro comune. È evidente che dal punto di vista della polizia «va evitato il ripetersi di situazioni assai ricorrenti nel contrasto del traffico di stupefacenti: mi riferisco ai tanti spacciatori che vengono rimessi in libertà poche ore dopo l’arresto e magari tornano a occupare la stessa “piazza”. Servirebbero misure cautelari specifiche, in grado di scongiurare una simile beffa». Le preoccupazioni degli uomini in divisa non sembrano intrecciarsi con l’idea, pure lasciata trapelare dal vicepremier Di Maio, di una norma assimilabile alla “nuova” legittima difesa. In proposito lo stesso Tissone aveva lanciato alcuni giorni fa una provocazione: «Abbiamo fatto notare che ora un cittadino comune può difendersi da un’intrusione in casa propria garantito da scriminanti non previste dall’articolo 53 del codice penale, destinato agli agenti e relativo all’uso legittimo della forza. Non chiediamo a nostra volta licenza di sparare, anzi: abbiamo sollevato questo paradosso perché ci sembra illuminante. Se si arriva al punto da far cadere quel presupposto della proporzionalità fra offesa, che invece noi poliziotti siamo tenuti a osservare, vuol dire che qualcosa non va».