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MATTEO MARIA ZUPPI PRESIDENTE CEI
Negli ultimi giorni, gli appelli per un provvedimento che possa lenire la drammatica situazione di sovraffollamento nelle carceri italiane si sono levati dalle maggiori autorità morali del Paese. Alla richiesta di Papa Francesco di un indulto, che si inserisce nel solco della tradizione che vuole associato al Giubileo la concessione di un’amnistia, si è aggiunta la denuncia della disumanità delle condizioni di detenzione in molti istituti da parte del Capo dello Stato nel suo discorso di fine anno e ieri, sulla quale ieri ha fatto leva la Conferenza episcopale italiana per sollecitare un atto concreto da parte della classe politica. «Esprimiamo profonda gratitudine al presidente della Repubblica Sergio Mattarella», hanno scritto i vescovi, «per le parole che ha rivolto al Paese nel Messaggio di fine anno. Lo ringraziamo, in particolare, per aver ricordato le tante povertà che segnano il nostro tempo e le nostre comunità. Tra queste, la drammatica situazione delle carceri che impone un ripensamento radicale del sistema penitenziario». «L’indice di sovraffollamento», prosegue la Cei nella sua nota, «è pari a 130,44%, e i suicidi, sempre più numerosi, chiedono ascolto: la disperazione non può avere come risposta l’indifferenza. Serve uno sforzo collettivo per assicurare condizioni dignitose a quanti vengono privati della libertà e per offrire percorsi adeguati perché la detenzione sia un'occasione di rieducazione e redenzione. Per garantire sicurezza, c'è bisogno di giustizia, non di giustizialismo. Esistono misure alternative che, oltre a prevenire la reiterazione di un reato, salvaguardano l’umanità e favoriscono il reinserimento nella società: se ben proporzionate e gestite con saggezza, sono in grado di produrre un cambiamento e di guardare al futuro. A pochi giorni dall’apertura del Giubileo e della Porta Santa nel carcere di Rebibbia, a Roma, ripetiamo l’appello che Papa Francesco ha lanciato nella bolla di indizione Spes non confundit» per «forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell'osservanza delle leggi».
Quella per un indulto, anche parziale, è dunque una campagna su cui i vescovi italiani stanno insistendo, e questo dato è confermato anche dal fatto che il loro quotidiano di riferimento ha ospitato giorni fa l’intervista in cui il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli si è detto favorevole a un provvedimento di questo tipo. A Pinelli ha fornito il proprio appoggio anche il presidente del Cnel Renato Brunetta, che in collaborazione col suo conterraneo Guardasigilli Carlo Nordio sta portando avanti una serie di iniziative volte ad abbattere la recidiva per i detenuti e favorire il loro reinserimento nel tessuto sociale.
Sull’indulto, però, Nordio non ha espresso favore, palesando il vero punto critico della questione, e cioè la mancanza di una reale volontà politica. In questo momento, infatti, vi sono tre partiti chiaramente schierati contro ogni tipo di indulto: Fratelli d'Italia, Lega e Movimento 5 Stelle. Fornirebbero il proprio voto favorevole il Pd, Avs, Più Europa e verosimilmente Azione e Italia Viva. Cruciale sarebbe la posizione di Forza Italia, che fino a questo momento si è prodotta in dichiarazioni dal sapore ambiguo, nella quale l’attenzione per la condizione dei detenuti si accompagna alla reiterata citazione del principio della “certezza della pena”. Anche ieri, nei commenti degli esponenti della maggioranza alla parte del discorso di Mattarella che ha riguardato la condizione dei detenuti ha prevalso la volontà di glissare sul tema dell'indulto e in alcuni casi – come in quello del leader leghista Matteo Salvini - è stato il pretesto per declassare le esigenze dei reclusi rispetto a quelle degli agenti di polizia penitenziaria. I quali, invece, attraverso il sindacato Uilpa hanno accolto con favore le parole del Quirinale sollecitando provvedimenti per contrastare il sovraffollamento.
Se si tiene conto che agli appelli di Papa Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del 2000 per un provvedimento di clemenza sostanzialmente non vi fu alcun seguito da parte della politica, e che il Pontefice ripeté l’appello due anni dopo quando parlò davanti ai parlamentari a Montecitorio, e che anche in quell'occasione non accadde nulla fino al timido indulto del 2006, lo spazio per l’ottimismo è piuttosto ristretto. Eppure, quando nel nostro Paese la situazione di conflitto sociale e di incidenza della criminalità era ben più alta di quella odierna, i provvedimenti di amnistia e di indulto erano decisamente più frequenti, se si pensa che dall’istituzione della Repubblica fino al 1990 vi sono stati 27 tra amnistie e indulti. Poi, quasi il nulla.