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L’indagine che ha terremotato Forza Italia non si ferma e punta in alto. Molto in alto.
Direttamente all’inquilino del 39esimo piano di Palazzo Lombardia, il presidente della Regione Attilio Fontana. Il governatore è stato iscritto ieri nel registro degli indagati per abuso d’ufficio. Nel mirino dei pm milanesi è finita la nomina, avvenuta lo scorso ottobre, dell’avvocato Luca Marsico nel Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Marsico, socio di studio di Fontana a Varese, è stato consigliere regionale di Forza Italia nella scorsa legislatura. Per il suo incarico è stato previsto, per il periodo 2018- 2021, un compenso di circa 65mila euro.
Nella delibera di nomina si legge che «sono stati esaminati i profili sintetici e le posizioni dei candidati, concretizzandosi una convergenza su quelli da nominare» a componenti esterni del Nucleo di valutazione. E che «dai curricula e dalle dichiarazioni rese dei soggetti individuati» emerge «la sussistenza dei requisiti richiesti e la mancanza di cause ostative alla nomina, di incompatibilità e di conflitti di interesse e che saranno effettuate verifiche a cura della Direzione centrale Bilancio e Finanza, anche nel corso dell'incarico, sulla veridicità delle dichiarazioni rese». In particolare, Marsico viene definito «esperto in ambito giuridico, con riferimento alla legislazione territoriale, urbanistica, ambientale, edilizia ed ai contratti pubblici».
Fontana è stato convocato in Procura lunedì prossimo per essere sentito sul punto. In difesa di Fontana è sceso in campo il vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini: «Se c’è una persona al di sopra di ogni sospetto quella è Attilio Fontana. Mi spiace che qualcuno si stia sporcando la bocca su di lui».
«Confidando nel buon lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine milanesi, ribadendo la necessità di punire eventuali singoli colpevoli, ribadisco con orgoglio i servizi che la regione Lombardia offre da anni come modello europeo e mondiale ai suoi 10 milioni di cittadini, per efficienza e buona amministrazione» ha aggiunto Salvini. Sulla “tempistica” dell’indagine che ha portato martedì all’arresto di 43 persone, fra cui il candidato azzurro alle elezioni europee Pietro Tatarella ed il collega di partito Fabio Altitonante, sottosegretario in Regione, per una presunta associazione a delinquere finalizzata alla «corruzione, alla turbata libertà degli incanti, finalizzati alla spartizione e all'aggiudicazione di appalti pubblici false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d'ufficio» è intervenuto invece l’onorevole forzista Pierantonio Zanettin, attuale membro della Commissione giustizia della Camera ed ex componente del Csm. «Della vicenda mi sento di criticare la tempistica. Che necessità aveva la Procura della Repubblica di Milano di emettere le ordinanze di custodia cautelare proprio alla vigilia delle elezioni europee?», ha dichiarato Zanettin. «Se non sbaglio – prosegue - il relativo fascicolo risale al 2016. Ricordo un esempio del tutto diverso: l’inchiesta Mose. Va dato atto che ben altra cautela dimostrò, all’epoca, la Procura della Repubblica di Venezia».
A tal proposito, «rammento che le due fasi dell’inchiesta “Mose”, con l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, si svilupparono esattamente all’indomani delle elezioni politiche del 2013 e alle europee del 2014. La tempistica non fu casuale. La Procura voleva evitare che il clamore mediatico, conseguente all’inchiesta, inquinasse l’esito elettorale».
«Altrettanta sensibilità – precisa Zanettin - non ha dimostrato la Procura di Milano». «Ma a dirigere l’inchiesta Mose c’era un magistrato di cultura liberale, che risponde al nome di Carlo Nordio», ha quindi concluso il parlamentare azzurro.