In alcun modo «l’epidemia può dirsi provocata dai rappresentanti del governo». A dirlo è il Tribunale dei ministri, nel provvedimento di archiviazione per Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri e Alfonso Bonafede, oggetto di una denuncia presentata dai familiari delle vittime della pandemia e dalle rappresentanze sindacali di base.

Secondo i giudici, «soprattutto in una situazione di incertezza» come quella che ha travolto il mondo intero allo scoppio della pandemia, «non era esigibile da parte degli organi di governo l’adozione tout court di provvedimenti in grado di impedire ogni diffusione dei contagi che non tenessero conto della necessità di contemperare interessi diversi e in particolare la tutela della salute e la tenuta del tessuto socio economico della collettività». Nessuna possibilità, dunque, di contestare l’ipotesi di omicidio colposo plurimo, come richiesto dai querelanti: «Per verificare la colpevolezza si dovrebbe conoscere la genesi del contagio delle singole vittime e stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio che misure di contenimento che non siano state adottate dal Governo o disposte in ritardo avrebbero evitato il contagio o l’esito leale». E ciò, allo stato dell’arte, non pare ricavabile da nessun elemento.

La pronuncia, dunque, potrebbe inficiare l’intera inchiesta sul Covid, che ora conta due filoni: uno aperto a Bergamo, con i 19 avvisi di garanzia recapitati, tra gli altri, all’ex premier Conte, all’ex ministro Speranza, al governatore lombardo Attilio Fontana e all’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera; e uno a Roma, dopo l’invio degli atti da parte del procuratore orobico Antonio Chiappani. Questo secondo filone vede tra gli indagati, oltre a Speranza, altre 12 persone, in primis le ex ministre della Salute Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin, indagate con l'ipotesi di omissione in atti d'ufficio, per non aver aggiornato il piano pandemico e per aver omesso di definire i piani nel dettaglio. Indagati anche Giuseppe Ruocco, in qualità di direttore generale della Direzione Prevenzione Sanitaria dal 2012 al 2014 e dal 2017 al 2021 come segretario generale del ministero della Salute; Ranieri Guerra, come direttore generale della Direzione Prevenzione Sanitaria del ministero della Salute dal 2014 al 2017; Maria Grazia Pompa, direttrice dell'Ufficio 5 fino al 2016; Francesco Paolo Maraglino, direttore dell'Ufficio 5 della Direzione Prevenzione Sanitaria.

Guerra risulta anche indagato per falsità ideologica in relazione ai «dati falsi comunicati all'Oms e alla Commissione europea attraverso appositi questionari» assieme a Claudio D'Amario, Francesco Paolo Maraglino, Loredana Vellucci, Mauro Dionisio. Infine, il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro è indagato per truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. La pronuncia del Tribunale dei ministri apre però nuove strade: secondo i giudici mancano i presupposti giuridici per contestare tali reati, dal momento che gli strumenti scientifici non sono in grado di accertare se le omissioni della politica abbiano causato il contagio e se ulteriori misure di contenimento avrebbero potuto evitarlo. Né è possibile escludere responsabilità di terzi, «considerato che la diffusione del virus dipende in buona parte da comportamenti virtuosi della collettività».