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Antonio Chiappani, procuratore capo di Bergamo
La procura di Bergamo ha chiuso le indagini nei confronti di 17 persone, mentre per le posiz»ioni dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.
Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza, «sono state articolate, complesse e consistite nell'analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e sequestrati, sia in forma cartacea che informatica, presso il ministero della Salute, l'Istituto superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, Ats, Asst, l'ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall'attività investigativa, oltre che nell'audizione di centinaia di persone informate sui fatti» si legge nella nota del procuratore capo Antonio Chiappani.
Un'attività - nei confronti dei 19 indagati - che «è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, sussistenza del nesso causalità ai fini dell'attribuzione delle singole responsabilità, ha consentito innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020» conclude il procuratore.
Indagine Covid a Bergamo, i temi investigativi
Le indagini riguardano tre diversi filoni: la mancata zona rossa, il piano pandemico e l'ospedale di Alzano Lombardo. Per la procura di Bergamo, sulla base della consulenza affidata al microbiologo Andrea Crisanti, la zona rossa a Nembro e Alzano avrebbe potuto risparmiare migliaia di morti. Per Conte e Speranza, che risulterebbero coinvolti nell'inchiesta relativamente a questo capitolo, gli atti verranno inviati al Tribunale per i ministri.
Non meno centrali gli altri due aspetti dell'indagine durata quasi tre anni: da una parte il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico, fermo al 2006, che avrebbero potuto frenare l'avanzata del virus e garantire quei dispositivi - guanti, mascherine e tamponi - introvabili per giorni. Dall'altra parte la vicenda dell'ospedale di Alzano. I dubbi non riguardano tanto la chiusura e la riapertura del Pronto soccorso del 23 febbraio 2020, dopo la scoperta del primo caso, ma l'assenza di interventi nei reparti dove i contagi salivano costantemente.
Due i dati su tutti: la pandemia nella primavera del 2020 ha riempito più di 3mila bare in provincia di Bergamo e tra fine febbraio e aprile 2020, nella Bergamasca l'eccesso di mortalità fu di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.