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PROCESSO STRAGE FERROVIARIA DI PIOLTELLO AULA DI TRIBUNALE
“Processato” e assolto dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura per avere utilizzato il palazzo di giustizia come un velodromo. Il giudice si è involato sulla sua bicicletta attraversando i corridoi del tribunale di Torino «per recarsi dal suo ufficio fino all’aula, distante alcune centinaia di metri, destinata alla celebrazione dei processi per direttissima per svolgere il proprio turno».
Uno sprint giustificato dal ciclista in toga con un fulminante mal di schiena che nell’incolpazione contenuta nel documento letto dall’Agenzia Agi, viene definito “palesemente contrario al decoro e all’immagine dell’Ufficio e costituisce pure una violazione della normativa in materia di circolazione stradale che non consente l’utilizzo di veicoli in spazi strutturalmente interdetti alla circolazione e della normativa sul lavoro che impone al dipendente l’obbligo di prevenire possibili rischi alla sicurezza per sè e per gli altri”.
Più lungo il "capo d’accusa” che il tempo che ci ha messo a sedersi dietro il banco di chi giudica la variegata umanità che popola i processi per direttissima, un mestiere impegnativo dove viene richiesta ai magistrati una certa rapidità nel prendere decisioni. Tutto comincia con una comunicazione del Presidente della Corte d’Appello di Torino datata 8 giugno 2021 «con la quale veniva diffidato il giudice dal percorrere abitualmente in bicicletta i corridoi del Tribunale». Scatta l’azione disciplinare e la Procura Generale chiede alla Corte d’Appello se, dopo la strigliata, il giudice «avesse perdurato nella condotta contestata».
Il presidente del Tribunale «riferiva che aveva cessato di tenere il comportamento contestato salvo che nell’occasione del processo per direttissima». Chiamato a discolparsi, il magistrato «ha precisato che si è trattato di un episodio assolutamente isolato determinato da un improvviso attacco di mal di schiena e che l’uso della bici gli aveva consentito di evitare il ricorso a un congedo per malattia con conseguente necessità di sostituzione per l’espletamento del turno da parte di un collega».
Ed eccoci all’ordinanza con la quale sei magistrati della sezione disciplinare hanno "scagionato” il collega anche perché, a quanto pare, manca un “codice della viabilità” nel palazzo. «Si ritiene debba essere esclusa la sussistenza dell’addebito difettando gli elementi costitutivi della violazione contestata sia in considerazione dell’assenza di specifiche disposizioni emanate per disciplinare la circolazione all’interno del Tribunale di Torino sia in considerazione della condotta del giudice, pienamente ottemperante alla diffida del Presidente, disattesa solo in unico episodio giustificato da ragioni di salute e dalla necessità di svolgere il turno adempiendo così ai propri doveri d’ufficio».
In ogni caso, tagliano corto i “giudici del giudice”, non si ravvisano «i caratteri della gravità e della reiterazione richiesti dall’illecito contestato di “violazione dei doveri generali di correttezza e di equilibrio”».