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Persino al Fatto Quotidiano hanno resistito in qualche modo, pur con abbondanza di vignette, “cattiverie” di giornata, in prima pagina, sul “lettone” regalato da Putin, grande abbastanza da poter contenere ragazze anche sconosciute ad un assatanato Cavaliere; persino al Fatto Quotidiano, dicevo, hanno resistito alla tentazione di leggere in chiave politica, diciamo così, la misera e inquietante fine della modella marocchina Imane Fadil. Che, dopo avere dimorato per un po’ in un locale infestato di topi, è morta di avvelenamento radioattivo prima di poter testimoniare, o tornare a testimoniare, contro Silvio Berlusconi, imputato di corruzione in atti giudiziari - nonostante assolto in via definitiva dall’accusa di prostituzione minorile - per la vicenda delle olgettine.
Ma così, a dire il vero, la povera Imane non voleva essere chiamata, non avendo mai usufruito dell’ospitalità offerta dal Cavaliere in un omonimo albergo, o residence, alle frequentatrici delle sue feste nella villa di Arcore.
Marco Travaglio in persona, bontà sua, al netto di ogni sua urticante e abituale ironia, ha riconosciuto l’insensatezza di coinvolgere Berlusconi nella tragica fine della giovane, che lui ritiene di non avere mai conosciuto ma che amici certamente suoi, come Emilio Fede e Lele Mora, hanno dichiarato di avere visto o addirittura portato ad Arcore, o ospitata in taxi per allontanarsene ad una certa ora.
A far mettere in sicurezza Berlusconi da un avversario così dichiarato come Travaglio è stata “la logica del cui prodest” (a chi giova). E in effetti l’ex presidente del Consiglio non aveva nessun interesse a fare uscire così drammaticamente e ambiguamente dalle sue perduranti vicende giudiziarie sulle cene ad Arcore la povera Imane, espostasi peraltro prima di morire con dichiarazioni su presunte offerte e/ o minacce di misteriosi personaggi perché ritirasse il contributo dato all’impianto accusatorio della Procura di Milano contro Berlusconi.
Alla Repubblica - quella di carta che di antiberlusconismo ha vissuto a lungo, sotto diverse direzioni, anche a dispetto del suo fondatore Eugenio Scalfari quando gli scappò di dire in un salotto televisivo di preferire Berlusconi al capo del movimento delle 5 stelle Luigi Di Maio - hanno invece adottato una lettura tutta politica dell’avvelenamento della modella marocchina. Il cui assassino non sapeva, né poteva immaginare forse di liberare una delle firme più famose e autorevoli di quel giornale, Massimo Giannini, dall’ossessione - direi, a questo punto - di un Berlusconi ancora capace di condizionare la politica italiana. E chissà se basta parlare della politica italiana, e non anche di quella europea e persino mondiale, specie ora che il Cavaliere corre per l’elezione al Parlamento europeo, non certo allo scopo di andarvi a fare il turista.
“Morto e sepolto con la povera Fadil, verrebbe da dire”, ha scritto testualmente Massimo Giannini in un commento domenicale dedicato formalmente, nel titolo, alla “Opa di Salvini sul centrodestra”. “Il veleno che l’ha uccisa - ha rivelato Giannini scrivendo della povera Imane - uccide anche le residue speranze del Cavaliere di resistere all’Opa salviniana sul suo partito e sul suo elettorato”.
Di questa “Opa di Salvini sul centrodestra” il commentatore di Repubblica ha una visione addirittura carnivora, avendone scritto come di una “cannibalizzazione “che,“già cominciata col voto di un anno fa, è andata avanti in questi mesi, rafforzata dalle regionali in Abruzzo e Sardegna e fotografata dai sondaggi che danno la Lega al 34% e Forza Italia all’ 8% per cento”. Ma non è finita qui. “Ora - ha scritto ancora Giannini - l’offerta pubblica di acquisto dei consensi si completa. Salvini riflette lo Zeitgeist, Berlusconi non più”.
Che cosa sia questo benedetto o maledetto, secondo i gusti, Zeitgeist che “Salvini riflette e Berlusconi non più”, ve lo dico subito. E’ “lo spirito culturale spiega un dizionario telematico - che informa una determinata epoca, come si riflette nella letteratura, nella filosofia, nelle arti”.
Qui insomma si vola alto, altissimo, mica come il Cavaliere precipitato in fondo al pozzo dantesco dell’Inferno, senza accorgersi che nella “condizione di patente minorità etico- politica” in cui si trova dopo la morte della modella marocchina “accampare pretese col Carroccio sulle alleanze future è puro velleitarismo”. Senza accorgersi, più in particolare, che “Salvini, semplicemente, non è più gestibile”, per cui quello di Arcore è diventato “il suo Cavalier Servente”. “E questo è tutto”, ha sanzionato la voce di Repubblica esortando gli sprovveduti seguaci di Berlusconi a togliersi dalla testa di poter scavalcare Salvini a destra o al centro, parlando bene di Mussolini fino agli sciagurati errori delle leggi razziali e dell’alleanza con Hitler, o precedendo il leader leghista nella contestazione della “Via della Seta” fatta percorrere velocemente al governo da Di Maio fra la sorprese, le proteste e anche qualche ritorsione degli alleati d’oltre Atlantico.
“Salvini - ha ricordato Giannini - si è già riposizionato nel ruolo fasullo di garante dell’atlantismo filo- americano: proprio lui, che ha esordito al governo come maggiordomo di Putin”. Che poi è lo stesso, non un omonimo, del lettone regalato a Berlusconi e ricordato dalla “cattiveria” del Fatto Quotidiano ispirata alla povera Imane Fadil.
Quella di Giannini, di Repubblica e di tutto l’universo antiberlusconiano per “la morte e la sepoltura” del Cavaliere con la modella marocchina, peraltro ancora in attesa di sepoltura, è tuttavia una festa anch’essa tragica, come la fine della povera Imane. L’ossimoro nasce dal fatto, denunciato dallo stesso Giannini, che “con questa destra” ormai fatta a immagine e somiglianza di Salvini – e di un Salvini che va smarcandosi sempre di più dagli attuali alleati di governo proponendo, per esempio, le ricette economiche e fiscali liquidate come berlusconiane dai pentastellati - “prima e dopo le elezioni europee dovranno fare i conti Di Maio, ridotto a gregario in una coalizione asimmetrica, e Zingaretti, eletto segretario in un Pd convalescente”. Così ha scritto appunto Giannini, che ha confessato di trovarsi nella scomoda posizione di “piangere per le nefandezze” di Salvini “senza poter rimpiangere”, chissà poi perché, “le scelleratezze” di Berlusconi. Che evidentemente non è quel morto e sepolto di qualche capoverso precedente.
Ah, se si riflettesse un po’ di più prima di farsi scambiare per un necroforo, peraltro intempestivo.