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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli
Ecco: si sono indicati puntuali progetti di riforma che investono presupposti più stringenti per l’adozione delle misure cautelari, l’inappellabilità delle assoluzioni, la proposta Nordio-Delmastro sul trasferimento dalle celle alle comunità di recupero per i detenuti con tossicodipendenze, il ripristino della prescrizione sostanziale, la revisione di abuso d’ufficio, traffico d’influenze e legge Severino.
Considerata la mole di lavoro, ti aspetteresti che a ventiquattr’ore di distanza un presidente di commissione annunci il calendario d’esame di una delle riforme, o che il governo si prepari a varare almeno uno fra i tanti ddl che ci si è impegnati a portare a casa. Nulla di tutto questo. Ma se il centrodestra pare sempre un po’ sospeso fra estemporanee fiammate riformiste e un mood quotidiano spesso impalpabile, è vero pure che il quadro generale non è così fermo.
Si registra, in particolare, una non scontata presa di posizione del vicepresidente Csm Fabio Pinelli su uno dei dossier più delicati: le intercettazioni e, nello specifico, i trojan. In un convegno sul tema organizzato da Area, la corrente progressista delle toghe, ieri il vertice di Palazzo dei Marescialli ha ricordato, a proposito del virus spia, che «la sovranità dello Stato non deve sfociare in controllo indiscriminato dei cittadini» e che quindi la «limitazione dell’utilizzo di uno strumento così invasivo ai soli delitti contro la criminalità organizzata mi sembra un punto di equilibrio ragionevole tra le opposte esigenze».
Il rilievo mosso dal vicepresidente del Consiglio superiore è garbato ma “pesante”, considerato che una proposta recente di eliminare il ricorso ai trojan per i reati contro la Pa c’è stata: l’ha avanzata il senatore azzurro Pierantonio Zanettin ma, almeno nella convulsa discussione di fine anno sul decretone Rave, la maggioranza ha finito per rispedirla ai box. Di Pinelli è ben nota la chiara ispirazione garantista di avvocato, ed è altrettanto riconosciuta la sua autorevolezza di studioso.
Il suo intervento è stato chiuso da un richiamo che suona come una variante della lezione di Sciascia. «È vero che senza le intercettazioni non si potrebbero scoprire alcuni reati, ma è altrettanto vero che, come disse Aharon Barak, giudice della Corte suprema israeliana, “una democrazia matura deve avere il coraggio di combattere il crimine con una mano legata dietro la schiena”, senza cioè disporre di tutti gli strumenti che il potere può attivare, altrimenti al cittadino non resta più nulla». È un discorso davvero così pericoloso, per il centrodestra, da rivendicare?