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Migrants disembark from the Italian navy ship Libra at the port of Shengjin, northwestern Albania, Friday, Nov. 8, 2024, as a second group of eight migrants intercepted in international waters is processed in a reception facility despite the failure with the first group in October. (AP Photo/Vlasov Sulaj)
Di nuovo il “modello Albania”, così come pensato da Giorgia Meloni ed Edi Rama, e il recente decreto Paesi sicuri vengono smontati dai giudici. Ieri la sezione Immigrazione del Tribunale di Roma ha rimesso il caso dei migranti trattenuti nel centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader alla Corte di Giustizia dell’Ue, sospendendo il provvedimento di convalida del trattenimento. La decisione riguarda sette migranti, provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, che sono stati portati venerdì dalla nave Libra al di là dell’Adriatico. Il giudizio sulla convalida viene ora sospeso e ne consegue la liberazione e quindi il ritorno nel nostro Paese, nel primo “Cara” disponibile. La magistrata presidente di sezione, Luciana Sangiovanni, come il 18 ottobre, evidentemente consapevole della necessità di una comunicazione chiara per una decisione che avrebbe riacceso le polemiche, ha emanato una nota stampa. «Il rinvio pregiudiziale è stato scelto – si legge nel comunicato – come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte dal citato decreto legge (il dl Paesi sicuri appunto, ndr), che ha adottato una interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della CgUe del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita da questo Tribunale – nel quadro della previgente diversa normativa nazionale – nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e ivi trattenute». Tale scelta, spiega ancora Sangiovanni, «è stata preferita a una decisione di autonoma conferma da parte del Tribunale della propria interpretazione». I giudici hanno posto alla CgUe quattro quesiti, ossia se il diritto dell’Unione «osti a che un legislatore nazionale proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro», come avvenuto con il Dl Paesi sicuri; e ancora, se il diritto eurounitario «osti quanto meno a che il legislatore designi uno Stato terzo come Paese di origine sicuro senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione»; se inoltre il diritto Ue debba essere interpretato nel senso che, nel corso di una procedura accelerata di frontiera da Paese di origine designato sicuro, ivi inclusa la fase della convalida del trattenimento in essa disposto, il giudice possa in ogni caso utilizzare informazioni sul Paese di provenienza, attingendole autonomamente dalle fonti» come la direttiva Ue del 2013; e infine se le norme sovranazionali europee ostino «a che un Paese terzo sia definito “di origine sicuro” qualora vi siano, in tale Paese, categorie di persone per le quali esso non soddisfi le condizioni sostanziali di siffatta designazione».
Inevitabili le spaccature politiche sulla decisione. Il primo a parlare è stato il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini: «Un’altra sentenza politica non contro il governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza. Governo e Parlamento hanno il diritto di reagire per proteggere i cittadini, e lo faranno. Sempre che qualche altro magistrato, nel frattempo, non mi condanni a sei anni di galera per aver difeso i confini…». Ha scandito a propria volta in Aula il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri: «I magistrati sono eversivi: c’è bisogno di una rifondazione della magistratura. Questa è una 'Capitol Hill' al contrario. Abbiamo perso la pazienza».
«Ancora una figura barbina da parte del governo – ha commentato al contrario la responsabile Giustizia del Pd Debora Serracchiani –, che dimostra come, con le forzature e i trucchetti per aggirare la legge, non si vada da nessuna parte. L’unico effetto è quello di condannare persone esauste, che arrivano in Europa per scappare da violenze e discriminazioni, a nuovi viaggi e trasferimenti estenuanti. Una scelta crudele e vergognosa che sta peraltro determinando danni enormi al bilancio dello stato». Ancora, per Riccardo Magi, deputato di +Europa, «siamo stati facili profeti: da mesi affermiamo che la maggior parte dei migranti deportati in Albania sarebbero stati riportati in Italia. Anche stavolta abbiamo avuto ragione. A questo punto, il governo ha l’obbligo di interrompere le deportazioni». «Prosegue contro ogni logica e contro il buonsenso – ha dichiarato pure il deputato Alfonso Colucci, capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali – il gioco dell’oca del governo Meloni sulla pelle dei migranti, che al costo di un miliardo di euro dei cittadini italiani viaggiano avanti e indietro per il Mediterraneo tra l’Albania e l’Italia. Una ignobile speculazione fatta sulla pelle delle persone».
Intanto i pm di Perugia procedono per il reato di minacce aggravate nel fascicolo avviato, dopo la trasmissione degli atti dalla Procura di Roma, in relazione ai messaggi di minacce recapitati sulla mail della giudice Silvia Albano, che si era espressa, insieme ad altri colleghi, il mese scorso su altre procedure di trattenimento in Albania.