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«I comportamenti dei singoli magistrati, anche in ambito privato, contribuiscono a determinare la credibilità complessiva della magistratura nel Paese, e debbono essere continenti e manifestati con prudenza istituzionale». Non c’è ascoltatore che non abbia pensato a Iolanda Apostolico, la giudice di Catania finita nel mirino del governo per non aver convalidato il trattenimento di tre migranti e filmata alla manifestazione contro Matteo Salvini nel 2018, ascoltando le parole di Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm, intervenuto a Firenze al congresso degli avvocati penalisti. Un tema che da giorni tiene banco a Palazzo dei Marescialli, dove dopo la richiesta di apertura di una pratica a tutela è circolata la voce, smentita da tutti, della richiesta di una pratica di trasferimento per incompatibilità ambientale, “desiderata” dai laici di centrodestra. Pinelli, richiamandosi più in generale alla crisi di immagine delle toghe, ha ricordato che «le Istituzioni hanno un loro prestigio e i comportamenti devono avvalorare e suffragare questo prestigio». E «si reggono sulla reputazione», ha aggiunto, richiamando anche la necessità che i confini tra magistratura e politica «siano definiti, senza improprie invasioni di campo».
Insomma, la discussione non accenna a sopirsi. E a Palazzo dei Marescialli è un continuo vociare. «Quelle sulla richiesta di trasferimento per incompatibilità ambientale sono illazioni senza fondamento - spiega un togato - se anche qualcuno volesse provarci, non c’è alcun margine di manovra». Il presunto affondo da parte dei laici del centrodestra al Csm teorizzato da Repubblica andrebbe, dunque, a vuoto. Teoria che fa infuriare chi, come Ernesto Carbone, ieri si è ritrovato ad essere indicato come promotore di pratiche contro la magistrata. «È la Cassazione ( Sezioni Unite 8906/ 98) che impone di escludere anche il sospetto di imparzialità - spiega al Dubbio -, ma io non ho mai detto che la giudice sia incompatibile e vada trasferita né ho firmato per alcuna apertura di pratica, altrimenti lo avrei comunicato apertamente. Personalmente, a me non spaventa se c’è una dialettica tra poteri dello Stato: così come un magistrato può criticare un provvedimento legislativo, un politico può legittimamente criticare l’operato di un magistrato. Toni e metodi, poi, appartengono alla singola persona». A suscitare il dubbio di un tentativo di far trasferire Apostolico (che il presidente del Tribunale ha ritenuto di non spostare ad altro incarico) erano state le dichiarazioni del laico di Forza Italia Enrico Aimi, che giovedì aveva sottolineato come «l'immagine pubblica di imparzialità, e non solo l'imparzialità nella singola vicenda processuale, costituisce un dovere deontologico fondamentale del magistrato». Ma è lo stesso consigliere a smentire al Dubbio l’ipotesi lanciata da Repubblica: «Non esiste allo stato nessuna richiesta in tal senso». Dalla contesa si tirano fuori anche i togati di Magistratura Indipendente, che hanno preferito non mettere la propria firma nemmeno sulla richiesta di apertura di una pratica a tutela: «Mi sembra che sia una notizia priva di fondamento e da parte di MI non vi è, allo stato, alcuna intenzione di richiedere alcuna pratica», spiega Bernadette Nicotra. In segreteria tutto tace, in attesa di analizzare in prima commissione, a inizio settimana, la richiesta di pratica a tutela. Anzi, spiegano alcuni consiglieri, «la volontà del centrodestra, dopo aver incassato l’enorme successo mediatico di Meloni che sicuramente è riuscita a mettere in cattiva luce tutta la magistratura italiana grazie a tre provvedimenti opinabilissimi spiega una fonte -, è quella ora di calmare le acque». Una volontà manifestata anche in casa MI, dove le posizioni dei vertici della corrente e quella dei componenti consiliari, nei giorni scorsi, sembravano divergere. «Molti sono profondamente irritati» con i loro leader, spiega un togato, secondo cui la pratica a tutela avrebbe anche dato l’occasione per discutere di come conciliare un provvedimento - per alcuni sbagliato - con la «pregiudiziale ideologica. Ma si è preferito non disturbare il manovratore». Il segretario Angelo Piraino, al Dubbio, prova però a smentire qualsiasi spaccatura. Partendo dall’autonomia dei consiglieri, secondo il segretario la scelta di non votare l'apertura della pratica sarebbe stata fatta «proprio per evitare che la richiesta assumesse una connotazione politica: per aprire una pratica basta la richiesta anche di pochi consiglieri, mentre una richiesta avanzata da tutti i magistrati togati, che rappresentano i due terzi del Consiglio, avrebbe significato mettere un'ipoteca sulla successiva delibera. Nel nostro comunicato abbiamo segnalato la necessità di discutere di come il nostro dovere di apparire imparziali vada declinato nell'era dei social media». Però «una cosa è la discussione sul provvedimento, che deve necessariamente avere ad oggetto la sua motivazione, altra cosa è la valutazione della condotta del magistrato. Non si può affermare che un provvedimento è sbagliato, senza valutarne la motivazione, sol perché il giudice che l'ha emesso adotta condotte ritenute sconvenienti.
Il nostro comunicato ha solo ribadito questi concetti, non ha difeso la collega». Che difficilmente, spiegano al Csm, può essere punita disciplinarmente: «Come si fa a costruire un articolo 2 su una roba di cinque anni fa e di cui fino a ieri nessuno sapeva niente? - spiega un togato - Il clima a Catania è più di stupore che di agitazione. È più probabile che si tratti solo di una cosa buttata lì per far da contrappeso, dal punto di vista mediatico, alla richiesta di una pratica a tutela». Mentre rimane da capire cosa farà il ministro della Giustizia Carlo Nordio, invitato da Maurizio Gasparri ad intervenire. «Nulla da dire», si limitano a rispondere, per il momento, i collaboratori del Guardasigilli alla richiesta se esista la possibilità che si avvii un’azione disciplinare o si inviino gli ispettori a Catania. Anche perché una scelta così estrema, fanno notare ancora dal Csm, potrebbe essere una vera e propria dichiarazione di guerra: «Dubito vogliano riattizzare la polemica - fa sapere un togato -. Confideranno nell’impugnazione».