È una vicenda terribile. Orrenda. Un delitto, un doppio delitto di cui si comprende poco, se non che una delle due piccole vittime, il bimbo ritrovato morto a Traversetolo, paesino in provincia di Parma, poco più di un mese fa, il 9 agosto, era appena nato.

Si possono intuire o ipotizzare contorni, se possibile, ancora più raccapriccianti, in particolare dopo la notizia relativa al ritrovamento, nello stesso giardino, dei resti di un altro neonato, risalenti a un anno prima. Inutile dilungarsi su cosa potrebbe nascondere la giovane madre, la ragazza di 22enne accusata ora di omicidio volontario e occultamento di cadavere.

Certo è comprensibile l’ansia di conoscere quali ipotesi abbia nelle mani la Procura di Parma che, insieme con i carabinieri, indaga sull’accaduto. Alimentano ulteriori interrogativi le parole della donna interpellata da diversi media nelle ultime ore, madre del fidanzato della ragazza che ha partorito il piccolo, che lo avrebbe ucciso e poi seppellito, giusto un paio di giorni prima di partire per un viaggio coi genitori: «Non può aver fatto tutto da sola», ha dichiarato la suocera della presunta infanticida.

Tutti dettagli che inquietano e sollecitano risposte. Di fronte alle quali il procuratore di Parma Alfonso D’Avino non cede. Non si lascia indurre nella tentazione di giocare coi media, e pavoneggiarsi per il riverbero clamoroso che ogni pur minima anticipazione finirebbe per generare. Perché “cedere”, ricorda il capo dei pm emiliani, «avrebbe determinato la creazione di quel circuito mediatico dal quale poi riesce difficile uscire: si tratta di un circuito che, una volta innescato, finisce per autoalimentarsi da sé».

Parole contenute in un comunicato diffuso secondo quanto previsto dalle norme sulla presunzione d’innocenza, vale a dire il decreto legislativo 188 del 2021. Parole, quelle del dottor D’Avino, che forse qualcuno, nell’Anm, dovrebbe inviare a tutti gli iscritti, e incorniciare nella sede di piazza Cavour. Va anche notata la particolare intransigenza, del procuratore di Parma, che dà l’esempio con le parole e coi fatti, visto che, al termine della nota, «attesa la delicatezza estrema di questo nuovo episodio» (il ritrovamento, nello stesso luogo, delle ossa di un secondo neonato), informa di aver aperto «un fascicolo per possibile violazione del segreto di indagine in relazione alla propalazione della relativa notizia, che rischia di incidere sulle acquisizioni investigative in corso». E magari avvenisse per tutte le violazioni del segreto che si registrano nelle Procure italiane.

D’Avino è molto chiaro nel premettere che intende intervenire «nel dibattito intorno al potenziale conflitto tra il diritto/dovere di cronaca da parte della stampa», il «diritto dei cittadini ad avere notizie sul contenuto dei procedimenti» e il «dovere dell’Ufficio di Procura a osservare il segreto». In particolare, anche a proposito del neonato trovato ucciso a Traversetolo, il procuratore spiega di aver applicato la circolare con cui, a fine 2021, “recepì” le norme sulla presunzione d’innocenza, emanate poche settimane prima: ha cioè «mantenuto finora il più stretto riserbo». Ma «quanto alla stampa, questo riserbo ha suscitato non poche perplessità e recriminazioni da parte di alcuni organi di informazione».

D’Avino aggiunge: «Pur consapevole della aspettativa della popolazione (non solo quella locale) a essere informata, la Procura di Parma -in linea con le disposizioni normative innanzi indicate- ha scelto la linea della massima riservatezza, fondata su due pilastri: la necessità di preservare il segreto di indagine e la necessità di garantire la presunzione di innocenza». Dopo aver descritto l’impegno del proprio ufficio e dei carabinieri nell’attività investigativa sulla terribile vicenda, il procuratore osserva che questo difficile lavoro «è parso, sin dall’inizio, incompatibile con una parallela propalazione di notizie che, se da un lato avrebbe soddisfatto quella aspettativa a conoscere da parte dell’opinione pubblica, dall’altro avrebbe determinato», appunto, «la creazione di quel circuito mediatico dal quale poi riesce difficile uscire».

Ecco è la frase che, più di tutte andrebbe incorniciata. Continua D’Avino: «Quanto al secondo pilastro, la presunzione di innocenza, esso ha costituito la parallela preoccupazione della Procura di Parma, in quanto strettamente connessa -mai come in questo caso giudiziario- al segreto di indagine. Se, in una vicenda obiettivamente grave (quale l’accertato decesso di un neonato), la Procura avesse scelto la linea della comunicazione libera e costante, sui protagonisti della stessa sarebbe stato acceso un faro così potente da innescare quel che gli esperti di comunicazione definiscono circo mediatico, che è l’esatto contrario di quella presunzione di innocenza che si è voluto garantire; il processo mediatico che si sarebbe aperto avrebbe avuto, sulle persone coinvolte, effetti ben più devastanti del processo giudiziario (sul punto si richiama il fondamentale saggio del prof. Vittorio Manes “Giustizia mediatica” e l’interessante convegno organizzato dall’Università di Parma nel marzo 2023)».

È tanto più ammirevole che il procuratore D’Avino difenda tali principi di fronte a un delitto così orribile, e dunque con l’obiettivo di tutelare le persone coinvolte, inclusa la giovane madre indagata per infanticidio, dall’«assedio di taccuini, telecamere, microfoni, come purtroppo avviene in casi del genere. L’esperienza quotidiana», prosegue il capo dei pm di Parma, «ci racconta di veri e propri processi paralleli che vengono celebrati, soprattutto in Tv, con il rischio concreto di creare sovrapposizioni e interferenze tra il processo mediatico e il processo giudiziario».

Segue una descrizione degli elementi fin qui raccolti, priva di indulgenze verso la curiosità morbosa. Che pure, in questo specifico caso, è assai sollecitata. Ma che per il magistrato Alfonso D’Avino non può prevalere sulla presunzione d’innocenza e sul segreto d’indagine. Non è un marziano, che parla. È un pm come gli altri.