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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
«Andrà ai voti prima la separazione delle carriere», ha dichiarato a Repubblica Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, riguardo alla scaletta delle riforme, in cui finora la preferenza di Palazzo Chigi era sempre andata al premierato. Una presa di posizione che non è passata inosservata, giacché consolida un cambio di passo importante, per il partito di Meloni, rispetto alla giustizia.
È sempre più chiaro, con le dichiarazioni di un dirigente fra i più in vista in FdI, l’investimento politico della maggioranza sul riassetto della magistratura, non più liquidabile come una bandiera offerta a Forza Italia alla vigilia delle Europee. Già a una settimana dal voto per il Parlamento di Strasburgo, la premier aveva infatti voluto imprimere una accelerazione, sulla riforma di Nordio che sancisce il “divorzio” fra giudici e pm, e aveva dato l’ok al varo, in Consiglio dei ministri, del ddl costituzionale.
Tre i punti principali del testo, composto da 8 articoli. Il primo, appunto, la separazione delle carriere tra giudici e pm, con due diversi percorsi professionali. Il secondo riguarda invece il sorteggio per l’elezione dei togati nei due futuri Csm, al fine di ridurre l’influenza delle correnti. Il terzo, infine, prevede l’istituzione di un’Alta corte disciplinare composta da 15 giudici, dei quali 3 nominati dal presidente della Repubblica tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno vent’anni d’esercizio, e 12 estratti a sorte. In particolare, 3 da un elenco di soggetti indicati dal Parlamento, 6 fra i giudici, 3 fra i pm.
Si tratta di una riforma con la quale «finisco di rendere omaggio a due grandi personalità, Giovanni Falcone, che era favorevole alla separazione delle carriere, e Giuliano Vassalli, che aveva voluto il codice accusatorio al quale ci siamo ispirati», aveva dichiarato, due mesi fa, il guardasigilli. La separazione delle carriere, aveva aggiunto, «è una tesi che sostengo da 25 anni», sottolineando di aver voluto dare rilevanza costituzionale alla magistratura requirente che «deve essere e resterà indipendente da qualsiasi interferenza del potere esecutivo, da qualsiasi pressione di altri organismi, e gode e godrà delle stesse garanzie di indipendenza della magistratura giudicante».
«Il Csm», è il discorso con cui il ministro Nordio ha battezzato la riforma, «negli ultimi anni, non solo a detta mia o della maggioranza, non ha dato una buona prova di sé: scandali come quello di Palamara e altri hanno eccitato le proteste di molti giornalisti anche equilibrati, ma rimedi alla degenerazione correntizia non sono stati approntati. Oggi i magistrati stanno alle correnti come i parlamentari ai partiti», ha ricordato infine il titolare della Giustizia, felice di avere interrotto tramite il sorteggio «il legame tra elettore ed eletto, che ha portato a una serie di anomalie».
Meloni, per rafforzare “mediaticamente” il tutto, aveva anche diffuso un video in cui ricordava che tale riforma era «un altro impegno rispettato». Nel programma del centrodestra, aveva aggiunto, «c’era scritto che avremmo riformato la giustizia, e il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge». La riforma, per la cronaca, ha già avuto il via libera anche da due forze estranee all’alleanza di governo, Italia viva ed Azione.
Da parte sua Nazario Pagano, presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, dov’è incardinato il testo, ha ribadito che, nell’organismo da lui guidato, il ddl sulle carriere procederà «in parallelo» con la riforma del premierato. L’avvio della discussione per le due riforme costituzionali è stato quasi simultaneo: 4 luglio per il premierato e 11 luglio per la giustizia. Al momento si è proceduto con le audizioni, che riprenderanno a settembre.
La Prima commissione è stata già convocata per il 4 del mese prossimo. Pagano, interpellato sempre dal Dubbio, ha assicurato che non ci saranno ostacoli e che nessuno ha voglia di procedere con il «freno a mano tirato». Si procederà dunque in parallelo, dedicando una settimana a turno a ciascuno dei due provvedimenti. Per ottobre si conta di finire con le audizioni, di passare quindi alla discussione generale e poi al voto. Se tutto andrà come da programma, già prima della fine dell’anno i testi potrebbe approdare in Aula. Cosa accadrà a quel punto, lo deciderà la conferenza dei capigruppo. Ma, visto l’endorsement di Foti per la riforma delle giustizia, è presumibile che ad approdare in Aula per prima sarà proprio quest’ultima.
L’Anm è già pronta a fare le barricate e ad affidarsi a esperti di comunicazione che avranno il compito di elaborare una strategia comunicativa innovativa ed efficace per evidenziarne le asserite criticità. «Questa riforma è solo propaganda elettorale che costringerà a ripartire da zero e a non fare la riforma in questa legislatura», aveva comunque commentato il deputato di Azione Enrico Costa.
Dall’inizio dell’anno scorso era in discussione proprio presso la commissione Affari costituzionale di Montecitorio, il ddl numero 806 che, a parte l’Alta corte, prevedeva sostanzialmente la stessa identica riforma sulla separazione delle carriere contenuta nel ddl Nordio. Sul testo, presentato in versioni leggermente diverse da Costa, dal leghista Jacopo Morrone e dai forzisti Tommaso Calderone, Alessandro Cattaneo, Pietro Pittalis, Annarita Patriarca, erano state effettuate 14 sedute e circa 40 audizioni fra avvocati, magistrati e docenti universitari.