Non si placano le polemiche in seguito alla decisione, questa settimana, del Consiglio superiore della magistratura di riconoscere al giudice del tribunale di Crotone, Massimo Forciniti, il superamento della valutazione di professionalità. Forciniti, ex componente del Csm ed esponente di Unicost, la corrente centrista della magistratura, era finito in “black list” a causa delle ormai stranote chat con Luca Palamara il cui contenuto, secondo alcuni consiglieri, in particolare i togati progressisti, avrebbe offuscato la sua terzietà ed indipendenza di giudice. Al termine di un estenuante dibattito, con 12 voti a 10, a Forciniti era stata comunque concessa la positiva valutazione di professionalità che gli permetterà adesso di poter concorrere, senza handicap, ad un posto direttivo. Quando accaduto questa settimana nei confronti di Forciniti non è una novità. Le chat di Palamara, fin dalla loro pubblicazione, vengono utilizzate in maniera non uniforme: per alcuni come una clava, per altri invece come un piumino. È utile allora ricordare cosa disse il capo dello Stato, che del Csm è il presidente, all’indomani dello scoppio dello scandalo, da tutti poi ribattezzato Palamaragate, che terremotò nella primavera del 2019 l’organo di autogoverno della magistratura. Da quelle carte, disse Sergio Mattarella, «emerge, oltre a un dilagante malcostume», una «modestia etica» di molte toghe così sconvolgente da traumatizzare gli italiani. I magistrati, aggiunse, devono «dimostrare con coraggio di superare il sistema delle correnti». Gli italiani hanno bisogno, proseguì, di una «giustizia efficiente e credibile». Essi, devono «poter contare sulla certezza del diritto e sulla prevedibilità della sua applicazione: non possono esser costruite ex post fattispecie di comportamento». Mattarella concluse biasimando provvedimenti giudiziari «che sconcertano l’opinione pubblica» con «arbitrii, disparità di trattamento, interpretazioni originali delle norme». Dopo un simile intervento, sicuramente uno dei più duri mai pronunciati da Mattarella durante il suo mandato, chiunque si sarebbe aspettato una ferma reazione.

Purtroppo chi segue i lavori del Csm sa bene che le cose non sono andate così. A parte Palamara, radiato dalla magistratura dopo un turbo processo disciplinare, le centinaia di magistrati che chiedevano nomine ed incarichi per se stessi o per interposta persona sono rimasti tutti al proprio posto senza alcuna conseguenza. Un contributo a questa “amnistia” mascherata lo ha dato sicuramente la circolare sull’autopromozione dell’allora procuratore generale della Cassazione che, con un tratto di penna, ha mandato in soffitta tantissime di queste condotte non proprio commendevoli. Quello che va allora in scena da anni al Csm, per usare le parole dell’indipendente Andrea Mirenda, è «una miserabile guerra per bande, buona solo a nascondere un’attualità immutata». Mirenda, che insieme ai togati Roberto Fontana (indipendente) e Mimma Miele (Md) si è astenuto questa settimana sulla pratica Forciniti, in queste ore è oggetto di critiche feroci, soprattutto dai colleghi progressisti. «Forciniti poteva forse essere giudicato da chi mai ha mosso una piuma contro altri sodali di vacillante integrità e che sono ancor oggi attivi sul fronte del moralismo editoriale?», commenta Mirenda. «Come non ricordare - aggiunge - i loro adepti dediti a simpatiche cene col gotha del momento per ingraziarsi ruoli apicali? E come non ricordare quelli che emettevano (o lodavano) il pessimo decreto “salva-petulanti”, per consentire ai soliti raccomandati di farla franca nel silenzio più assoluto?». Per poi stigmatizzare chi «da consigliere di Area, concordava proprio con Palamara la spartizione delle nomine in barba alle regole e, nondimeno, finita la cuccagna consiliare, veniva poi positivamente valutato, proprio dagli odierni giacobini, ai fini dell’avanzamento in carriera». E come non ricordare, continua Mirenda, «quelli che chiedevano revoche occhiute di altri concorrenti per ottenere posti di procuratore aggiunto in prestigiosi uffici giudiziari? O che tenevano e tengono incontri (talvolta addirittura in Csm) con soggetti esterni al Consiglio per concordare la linea politica?». «Pura ipocrisia», per Mirenda, consentire al «drappello dei puri» di colpire Forciniti, peraltro «criticissimo modello di magistrato: sarebbe stato dar manforte ai loro disegni sotto la copertura di un ombrello etico quanto mai evanescente». Nell’estenuante dibattito di questa settimana vale la pena, infine, segnalare l’intervento della togata di Magistratura indipendente Bernadette Nicotra, che ha smontato la tesi secondo la quale Forciniti fosse in qualche modo consapevole della presenza dell’allora parlamentare del Pd Luca Lotti all’hotel Champagne. Era questo infatti il punto centrale della delibera che bocciava la valutazione di professionalità di Forciniti. «Una suggestione frutto di mere congetture», ha ricordato Nicotra.