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Il giudice Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale durante la presidenza di Giorgio Napolitano, stroncato a luglio del 2012 da un infarto, non può essere considerato vittima del dovere per “insussistenza dei presupposti”. Lo ha deciso ieri all’unanimità la Quarta Commissione del Csm, che ha così bocciato l’istanza presentata dai familiari del magistrato nel lontano luglio 2017 e che per tutta la scorsa consiliatura era evidentemente - rimasta in qualche cassetto.
D’Ambrosio fu oggetto, nell’estate di 11 anni fa, di attacchi e critiche violentissime dopo la pubblicazione del contenuto delle sue telefonate con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, finite nel fascicolo della Procura di Palermo che indagava sulla presunta “trattativa” Stato-mafia. «Una campagna violenta e irresponsabile di insinuazione e di escogitazioni ingiuriose di cui era stato pubblicamente esposto, senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità», scrisse Napolitano dopo aver annunciato «con profondo dolore e animo sconvolto» la morte del suo «prezioso» collaboratore, «impegnato in prima linea anche al fianco di Giovanni Falcone».
Alla pubblicazione delle telefonate di D’Ambrosio erano poi seguite indiscrezioni su quelle intercettate tra Napolitano e Mancino, e che portarono l’allora Capo dello Stato a sollevare il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale nei confronti della Procura di Palermo.
IL CSM VOTA SUL TRIBUNALE DI MILANO
Si conoscerà invece oggi il probabile nome del nuovo presidente del Tribunale di Milano. Dopo un anno e mezzo circa dall’uscita di scena di Roberto Bichi, la Commissione per gli incarichi direttivi voterà questa mattina il suo successore. In pole ci sono i giudici milanesi Fabio Roia e Giovanna Di Rosa, il primo attualmente presidente facente funzione del Tribunale, dopo essere stato il capo della sezione Misure di prevenzione, la seconda presidente della Sorveglianza. Come outsider, il presidente del Tribunale di Sondrio Giorgio Barbuto.
Il curriculum è di altissimo livello per tutti i candidati. Roia e Di Rosa, entrambi esponenti di Unicost, la corrente “di centro” dell’Anm, sono stati in passato anche componenti del Csm. Stavolta, il dibattito in Commissione non sarà condizionato dalle solite di chat con Luca Palamara che, come un fiume carsico e a distanza ormai di molti anni, vengono puntualmente tirate fuori in occasione di una nomina o di una conferma nell’incarico direttivo. Difficile fare previsioni. Certamente, però, è alquanto improbabile che venga replicato lo schema del “papa straniero” applicato in Procura con la nomina di Marcello Viola al posto dell’“interno” Maurizio Romanelli.