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Si dovrebbe essere chiusa senza alcun seguito la pratica relativa alla richiesta di chiarimenti sul green pass da parte della magistrata fiorentina Susanna Zanda.
La giudice, ultimamente nota alle cronache per aver respinto alcuni ricorsi presentati in sede di civile da Matteo Renzi per delle diffamazioni, condannandolo poi al pagamento di importanti risarcimenti nei confronti delle controparti, a marzo dello scorso anno aveva sottoposto il quesito al Consiglio superiore della magistratura.
Il motivo riguardava l’ipotesi di essere sanzionata disciplinarmente in caso fosse entrata nel palazzo di giustizia senza il green pass, reso obbligatorio dal governo Draghi a settembre del 2021. La magistrata, premesso che l'emergenza sanitaria scadeva il 31 marzo di quell’anno, mentre per gli over 50 il termine per il green pass era quello del 15 luglio successivo, riteneva che in “assenza di allarme virale” dovesse comunque essere esplicitato dal Csm se per accedere in tribunale bisognasse avere ancora il Qr code ministeriale.
“Il supergreen pass tende ad indurre gli over 50 all'inoculo di un trattamento genico sperimentale, che si era già acclarato avere un'efficacia immunizzane 'negativa', come confermato dagli ultimi dati Aifa”, ricordava la giudice, richiamandosi a plurime pronunce giudiziarie circa l'illegittima originaria della dichiarazione dello stato di emergenza. In altri termini, si potevano svolgere “i propri doveri istituzionali senza doversi sottoporre a trattamenti sanitari o parasanitari degradanti per la persona, invasivi e dannosi come i tamponi oro-faringei o i cd vaccini ad Mnra”.
“La degradazione della persona del lavoratore a merce di supermercato, potrebbe essere giudicato lesivo della dignità della persona, integrando un comportamento illecito della parte datoriale”, puntualizzava la magistrata fiorentina. Anzi, l'ostacolo all'accesso al luogo di lavoro avrebbe leso “il prestigio della magistratura”.
“Lo strumento del green pass - aveva quindi aggiunto - potrebbe essere giudicato come uno strumento eversivo, rispetto non solo alle norme positive della Costituzione (…) perciò verrebbe legittimato il diritto/dovere di disobbedienza civile”. L'inoperosità del lavoratore avrebbe poi potuto integrare una “massima forma di mobbing”, senza dimenticare “i danni collegati all'aspetto fisico, al senso di inutilità sociale che si prova stando parcheggiati in casa, alla sofferenza interiore”.
Il quesito della toga era anche “per tutti i magistrati che non si sono legittimamente vaccinati con sieri sperimentali e non intendono continuare a sottoporsi alla misura invasiva del tampone”, ritenuto una “tortura”.