Martedì prossimo è in programma l'udienza al Consiglio di Stato che dovrebbe, si spera una volta per tutte, decidere quale sarà il destino professionale del procuratore di Terni Alberto Liguori. Il magistrato nei mesi scorsi era finito, come capitato anche ad altri suoi colleghi, nell’occhio del ciclone a causa delle solite chat con l'ex presidente dell'Anm Luca Palamara.

In una delle ultime sedute della scorsa consiliatura, in particolare, il Consiglio superiore della magistratura aveva deciso di non confermarlo nell’incarico direttivo. Nel Plenum di questa settimana il Csm ha votato, non senza polemiche, la delibera con cui si invita l’Avvocatura generale dello Stato a non costituirsi in giudizio, e quindi a non resistere al ricorso al Consiglio di Stato presentato da Liguori contro la non conferma, dandone comunicazione al ministro della Giustizia. Una decisione che è stata criticata dai togati progressisti e dall’indipendente Andrea Mirenda dal momento che il Csm aveva vinto in primo grado.

Sul caso Liguori, va ricordato, si stanno susseguono da tempo decisioni quanto mai in contrasto fra loro. Il Csm, infatti, dopo aver ritenuto nel 2021 queste chat irrilevanti ai fini dell'incompatibilità ambientale, le aveva “valorizzate” ai fini della conferma quadriennale, sottolineando come Liguori, dalle interlocuzioni con Palamara, avesse alterato «il corretto svolgimento del procedimento amministrativo afferente il conferimento di uffici direttivi o semidirettivi». Il magistrato aveva quindi chiesto la sospensiva, respinta, al Tar del Lazio. Provvedimento ribaltato poi dal Consiglio di Stato, che aveva evidenziato «una palese contraddittorietà, poiché nella delibera di archiviazione del gennaio del 2021 il Csm ha affermato che i contenuti delle chat non risultano idonei a determinare “anche in astratto un appannamento della funzione di procuratore e incidere in alcun modo sull'ufficio che dirige”».

Il Tar del Lazio pronunciandosi sul merito all’inizio del mese era però rimasto del proprio avviso ed aveva dunque avallato la decisione del Csm di non confermare Liguori nell'incarico. Qualche giorno dopo ecco arrivare allora la nuova sospensiva del Consiglio di Stato, con rapida fissazione del merito al 28 novembre in considerazione del fatto che il Csm ha già messo a concorso il posto di procuratore di Terni.

Inevitabile a questo punto fare due riflessioni. La prima è certamente relativa al “rapporto” del Csm con la giustizia amministrativa: Palazzo dei Marescialli non perde occasione per affermare che la magistratura ordinaria costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato e che il suo organo di autogoverno è chiamato a garantire queste prerogative nei confronti di chiunque, anche verso il giudice amministrativo.

La seconda riguarda proprio le chat che da quasi cinque anni stanno condizionando a senso unico l’attività del Csm, “colpendo” solo i magistrati che hanno avuto la sventura di chattare con Palamara. La sentenza “Renzi” della Corte costituzionale rischia ora di mettere tutto in discussione. A tal proposito l’altra settimana è stata chiesta da parte dei consiglieri della corrente centrista Unicost l'apertura di una pratica proprio per valutare le “ripercussioni” sui procedimenti amministrativi di Palazzo dei Marescialli della sentenza 130 della scorsa estate. Tema che era stato già affrontato dal laico di Italia viva Ernesto Carbone.