PHOTO
Chi arriva in Italia per chiedere protezione non può essere chiamato ''clandestino'', neppure in un manifesto politico. Lo ha stabilito la sentenza della Cassazione depositata il 16 agosto (terza sezione, estensore Cirillo, presidente Travaglino) concludendo una vicenda iniziata nel 2016, quando, per contrastare l'assegnazione di 32 richiedenti asilo a un centro di assistenza messo a disposizione da una parrocchia di Saronno (Milano), la Lega aveva convocato una manifestazione affiggendo cartelli con il seguente testo ''Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell'invasione''.
Asgi e Naga - riferisce una nota - avevano agito in giudizio avanti il Tribunale di Milano contro la Lega (locale e nazionale) affermando che qualificare i richiedenti asilo come clandestini costituisce ''molestia discriminatoria'' cioè un comportamento idoneo a offendere la dignità della persona e a creare un clima umiliante, degradante e offensivo. I giudici di primo e secondo grado avevano già accolto le ragioni delle associazioni condannando la Lega a pagare, oltre alle spese di lite, un risarcimento del danno in favore delle stesse; la Lega aveva poi proposto il ricorso in Cassazione, respinto ora dalla Corte che ha confermato anche il diritto delle associazioni al risarcimento del danno, condannando la Lega all'ulteriore rimborso delle spese. Secondo la Corte ''gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello stato italiano perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel paese di origine, di subire un 'grave danno', non possono a nessun titolo considerarsi irregolari e non sono dunque 'clandestini'''.
La Corte ha anche respinto la tesi degli avvocati della Lega che invocavano il diritto del partito politico alla libera manifestazione della sua posizione: infatti ''il diritto alla libera manifestazione del pensiero, cui si accompagna quello di organizzarsi in partiti politici, non può essere equivalente o addirittura prevalente, sul rispetto della dignità personale degli individui''; specie, aggiunge la Corte, quando si tratta degli individui più fragili, come le persone migranti.
"La sentenza, benché riferita a una vicenda di anni fa, dice molto anche alla politica di oggi - commenta l'avv. Alberto Guariso che, con l'avvocato Livio Neri, entrambi di ASGI, ha difeso le associazioni - e in particolare sulla inaccettabile consuetudine di continuare a usare il termine ''clandestini'' per coloro che arrivano sul nostro territorio, comunque arrivino, per cercare protezione: persone con una dignità da rispettare e non clandestini''.