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Matteo Messina Denaro, boss di Cosa Nostra
Non c’era alcuna “indicibile entità” a scrivere i “pizzini” ricevuti dall’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che, nei primi anni del 2000, d’accordo col Sisde diretto dal generale Mario Mori, aveva agganciato – tramite contatti epistolari Matteo Messina Denaro per permetterne la cattura. A scriverli era stato chiaramente l’allora super latitante. Lo si apprende da un esposto della moglie dell’ex sindaco e curato dagli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo. La conferma arriva da una perizia calligrafica di 237 pagine disposta dalla criminalista Katia Sartori. E ciò va in contrasto con la consulenza tecnica, richiesta dalla procura di Palermo di allora, la quale aveva escluso che fosse Matteo Messina Denaro a scrivere le missive.
E grazie a quella perizia di allora, c’è stato chi ha costruito una narrazione mediatica (anche ben costruita attraverso interviste di anonimi) che hanno infangato – ancora una volta - le attività coordinate da Mario Mori e Giuseppe De Donno rivolte alla cattura del super latitante. Operazione che, però, di fatto, venne bruciata e ancora non è chiaro cosa sia accaduto. Anche se gli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo, nel loro comunicato nel quale annunciano l’esposto, denunciano che l’operazione fu bruciata a causa di una fuga di notizie. Una circostanza che mise a repentaglio la vita stessa di Vaccarino, visto che Matteo Messina Denaro avendo appreso dai mass media che l’ex sindaco collaborava con i servizi per catturarlo, gli inviò una ultima lettera piena zeppa di odio e di minacce.
Chi è il responsabile? Mai si è indagato questo aspetto decisamente controverso. Aspetto che il giornalista Gian Morici ha affrontato, da anni, attraverso articoli su “La Valle dei Templi”. L’operazione purtroppo è stata bruciata, ma nonostante ciò – come si può leggere nella sentenza del 2011 a firma del Gip Lorenzo Matassa – “il contatto tra il Vaccarino e il Messina Denaro era stato reale e importante e il tradimento non solo aveva posto in pericolo la latitanza del Numero Uno di Cosa nostra, ma gli stessi vitali interessi dell’organizzazione”.
Tante le cose che non tornano. A partire da una singolare apparizione di un anonimo nella trasmissione di Rai3 Report, il quale indicava l’entità che avrebbe scritto i pizzini al posto di Matteo Messina Denaro: un carabiniere impiegato in banca con copertura dei servizi.
Ovviamente è una gigantesca bufala, visto che la perizia disposta dai famigliari di Vaccarino (ricordiamo che lui non c’è più, morto due anni fa tragicamente in carcerazione preventiva – l’ennesima azione giudiziaria nei suoi confronti – per aver contratto il Covid, mentre era in vana attesa di una misura alternativa perché malato), dimostra chiaramente che la scrittura è del super latinante.
Perché un uomo, mantenendo l’anonimato, si è prestato a dichiarare una falsità usando una trasmissione del servizio pubblico in prima serata? Il pensiero non può non andare a qualcosa che ha a che fare con una forma di depistaggio vero e proprio. Chi è questo anonimo e perché ha testimoniato un evento falso, creando l’ennesima versione complottista che – di fatto – infanga indirettamente Mario Mori e anche Antonio Vaccarino perché partecipe di questa inesistente macchinazione?
Ma andiamo al comunicato dell’esposto presentato dalla moglie dell’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino. Sulla corrispondenza intercorsa tra Matteo Messina Denaro e Antonio Vaccarino (con lo pseudonimo di Alessio il primo e Svetonio il secondo) che collaborava con il Sisde di Mario Mori per la cattura del boss di Cosa nostra, nel corso degli anni sono stati avanzati molti dubbi, dando adito a illazioni e congetture, ipotizzando oscuri intrighi dei servizi segreti italiani. Ricordiamo ancora una volta che una consulenza tecnica, richiesta dalla magistratura, aveva anche escluso la riferibilità a Matteo Messina Denaro delle missive inviate ad Antonio Vaccarino.
«Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro e la pubblicazione delle foto dei “pizzini” ritrovati a casa della sorella del noto latitante, ho notato una notevole somiglianza con la grafia della lettera di minacce ricevuta da mio marito – afferma la moglie dell’ex sindaco di Castelvetrano -. Non essendo un’esperta ho dato incarico alla criminalista Katia Sartori, esperta in scienze forensi, perché effettuasse una comparazione grafica tra i diversi scritti, per fugare ogni dubbio in merito a chi scrivesse a mio marito». Prosegue: «Dalle 237 pagine di perizia redatta dalla dottoressa Sartori, possiamo escludere che a scrivere a mio marito fosse una persona diversa da quella che scriveva a esponenti di primo piano di “Cosa nostra” e ai familiari del boss. Lo stesso generale Mori in passato aveva chiarito la posizione di mio marito, ma ciò non ha impedito i tentativi di screditare la sua partecipazione alle attività del servizio segreto volte alla cattura del latitante, nonostante il suo impegno fosse stato reale ed importante, tanto da mettere a rischio la latitanza del boss come documentato da sentenza che ho allegato». E conclude amaramente la signora Vaccarino: «Da quando fu svelata tutta l’attività svolta da mio marito con il Sisde è iniziato il nostro calvario, e oggi mi chiedo se non si sia trattato di attività di depistaggio».
La collaborazione tra Vaccarino e il Sisde fu infatti oggetto di una fuga di notizie in merito alla quale, ricordiamo, nessun fascicolo venne mai aperto dalla magistratura. «Ad oggi – affermano gli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo - non sappiamo di chi fu la responsabilità di quella fuga di notizie che mise di fatto in pericolo Vaccarino e tutta la sua famiglia, portando Matteo Messina Denaro a scrivergli una lettera di minacce estese anche ai suoi famigliari. Una lettera che – come per le altre oggetto di una perizia voluta dalla procura – vedeva esclusa la riferibilità al noto latitante». Proseguono i legali: «Oggi grazie alla perizia redatta dalla criminalista Katia Sartori, possiamo affermare che è assolutamente inverosimile che Matteo Messina Denaro avesse bisogno di qualcuno che scrivesse al suo posto e che, invece, tutti i documenti analizzati sono riconducibili a un solo soggetto. Questo ci permette di poter scardinare le teorie complottiste e le fantasie di presunti testimoni».
Secondo gli avvocati, quindi, è necessario che a seguito dell’esposto presentato venga aperta una indagine che restituisca dignità e decoro all’ex sindaco di Castelvetrano e alla sua famiglia, «impedendo ulteriori attività tendenziose e depistatorie quali quelle che per anni hanno infangato l’allora nostro assistito Antonio Vaccarino e adombrato le attività svolte dal Sisde del generale Mori, “colpevole” forse di aver braccato i più pericolosi latitanti di “Cosa nostra” e di avere ostacolato le mire economiche dell’organizzazione, come nel caso delle indagini confluite nel dossier mafia- appalti». Perché vennero “stoppate” le attività dei servizi segreti e bruciata la copertura di Vaccarino rendendo nota anche alla stampa la sua collaborazione? «Spetterà alla magistratura – concludono gli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo - disporre gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti, e anche sulle ragioni che hanno portato presunti testimoni che con le loro dichiarazioni hanno screditato l’immagine di Vaccarino e le attività condotte all’epoca dal Sisde».