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COMITATO DIRETTIVO CENTRALE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI ANM
Il redde rationem ci sarà solo l' 8 marzo, ossia quando il “parlamentino” dell'Anm si riunirà, trascorsi tre giorni dall'incontro che il sindacato delle toghe avrà avuto con la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, e il sottosegretario Alfredo Mantovano in merito alla riforma costituzionale della separazione delle carriere. Questo perché la Giunta esecutiva che si recherà il 5 marzo a Palazzo Chigi non ha alcun mandato a trattare con il governo .
Sarà poi il Comitato direttivo centrale, il parlamentino dell'Anm appunto, a valutare la linea da intraprendere, dopo aver ascoltato quello che l'Esecutivo Meloni avrà eventualmente da proporre all'Anm. È dunque solo sabato della prossima settimana che ufficializzeranno fuori i possibili distinguo tra le varie correnti, qualora davvero da parte della presidente del Consiglio arrivi una apertura a possibili modifiche al testo, come ad esempio il sorteggio “temperato” e non più “secco” per la scelta dei membri togati dei due futuri Csm. Per adesso, certo con toni diversi, il messaggio che la quasi totalità dei magistrati dà è uno: non si tratta su niente.
Lo ha ribadito due giorni fa il segretario generale Rocco Maruotti , espressione della progressista AreaDg : «Voglio dire ancora una volta, chiaramente: di fronte a una riforma così non ci sono margini per una trattativa, in quanto autonomia e indipendenza della magistratura non sono abilitabili, semplicemente perché sono beni negozi comuni e non sono nella disponibilità dei magistrati, per cui, sia chiaro, che non ci sono per noi soluzioni di compromesso o possibili accomodamenti al ribasso » . Nessun margine di trattativa e da parte di Magistratura democratica che ha due componenti in Giunta. Concetto espresso anche dalla presidente di Unicost, Rossella Marro : «Non siamo affatto disponibili a questo tipo di trattative, anche perché stiamo parlando di una riforma costituzionale».
Ci sarebbe in gioco la reputazione della stessa Anm che, con un mandato assembleare, ha deliberato un “anatema” sull'intera riforma. È vero che il gruppo dei CentoUno , rappresentato nel “parlamentino” ma non nella Giunta esecutiva dell'Anm, sarebbe favorevole al sorteggio. Ma si tratta di una componente dal peso davvero marginale, negli attuali organismi associativi.
Non si può poi nascondere che anche una parte di Magistratura Indipendente, benché non ufficialmente, non si mostrerebbe contraria al «lancio dei dadi» ( copyright di Ciccio Zaccaro, segretario di AreaDg) per la selezione dei rappresentanti nei due futuri Consigli superiori.
Addirittura si sussurra tra le toghe che l’incontro richiesto da Cesare Parodi a Meloni, appena eletto al vertice dell’Anm lo scorso 8 febbraio, in realtà non sia stata una sua iniziativa estemporanea ma una scelta ben precisa frutto di colloqui informali già avuti dalla sua corrente,
Mi, con Palazzo Chigi. Un modo per riaprire subito il dialogo, per mostrare un volto meno severo rispetto alla precedente Giunta guidata dal più intransigente Giuseppe Santalucia. «Non sarà sfuggito a voi giornalisti che Meloni ha accettato la richiesta di incontro di Parodi dopo pochissimo tempo, la sera della sua nomina. Era già tutto concordato», ci ha fatto notare in particolare un magistrato al termine dell’assemblea al Cinema Adriano di Roma, in occasione dello sciopero di giovedì.
Se si tratti di pura dietrologia, non lo sapremo mai. Sta di fatto che durante la manifestazione capitolina del 27 febbraio il presidente Parodi ha usato parole diverse rispetto a quelle di Maruotti: «Noi abbiamo dei contraddittori molto forti, molto abili, determinati che hanno degli interessi che non collimano non dico con i nostri ma con quelli dei cittadini. E non mi riferisco necessariamente al governo». Molti in sala hanno pensato che si riferisse all’avvocatura, come se appunto se il vero avversario non fosse la politica, con la quale invece il buon Parodi vorrebbe parlare serenamente come ripetuto ieri alla trasmissione di Rai3 “Agorà”: «Ci aspettiamo di fare paradossalmente al presidente Meloni lo stesso discorso che in modo diverso cerchiamo di fare a tutti i cittadini: spiegare le ragioni specifiche e non ideologiche e di pregiudizio per cui contrastiamo questa riforma punto per punto. Su sorteggio, separazione delle carriere, Alta corte, daremo delle giustificazioni tecniche e delle ragioni giuridiche per le quali riteniamo queste scelte eccentriche rispetto a quelle generali, e che dunque non ci convincono».
Ma poi davvero, si chiedono alcuni magistrati, l’interlocutore vero è il governo? Perché, ci dicono alcuni, «siamo in presenza di un disegno di legge in discussione in Parlamento. Probabilmente sarebbe più opportuno parlare con i gruppi parlamentari», a meno che «l’Esecutivo non voglia ritirare il ddl Nordio e sostituirlo con uno nuovo».
Anche in ossequio ad analisi del genere, evidentemente, l’Anm ha già chiesto un incontro con tutti i partiti.
I più attenti osservatori però fanno notare che, nelle indiscrezioni fatte filtrare da Chigi a seguito dell'incontro, per fare il punto in vista del 5 marzo, ha avuto lo stesso giorno dello sciopero, si è parlato di «riunione di maggioranza», a cui hanno partecipato, oltre a Meloni, Nordio e Mantovano, anche Salvini, Tajani e Lupi. Un modo per dire: a giocare la partita non è tanto l'Esecutivo ma i suoi azionisti, i partiti di maggioranza appunto...