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«Alla luce delle notizie stampa emerse in queste ore, lo Stato Maggiore della Difesa evidenzia che le Forze Armate sono uno strumento tecnico operativo al servizio del Paese e che ogni attività viene pertanto svolta in aderenza alle indicazioni politiche e secondo la prevista linea gerarchica». Il comunicato è scarno ed essenziale, ma la firma in calce è di quelle che pesano: “Stato Maggiore della Difesa”.
Insomma dopo i malumori di ieri, le tensioni tra vertici militari e il ministro dell’Interno Salvini, sembrano non esaurirsi. I generali non avrebbero apprezzato l’invasione di campo del Viminale che martedì scorso aveva inviato una direttiva per fermare la nave Mare Jonio, impegnata nel salvataggio dei migranti. Un ordine inoltrato ai vertici della Polizia, della guardia di Finanza, dei Carabinieri e al capo di Stato Maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli. Anche la ministra della Difesa Trenta era intervenuta per arginare lo zelo del ministro dell’Interno.
Da parte sua il ministro cerca di gettare acqua sul fuoco e da Perugia, fronte caldo della politica e della giustizia dopo le dimissioni del governatore dem, fa sapere di aver sentito lo Stato maggiore: «Io lavoro quotidianamente nel rispetto di tutti spiega - lavoro con tutti i rappresentanti delle forze di sicurezza italiane».
Ma prima delle linea del dialogo, il ministro aveva replicato in modo brusco a chi continuava a parlargli dei malumori dei militari: «Vorrei sapere i nomi di questi generali», aveva dichiarato.
E poi: «Si dice, si narra, pare. Per questo ho smesso di leggere i giornali, tranne la Gazzetta dello Sport. Se poi mi chiede se qualche processo, qualche minaccia, qualche attacco mi possa far cambiare idea, le rispondo: No, zero, non cambio idea».
Il ministro leghista aveva poi ricordato i numeri sul crollo degli sbarchi che danno forza alla sua strategia. Poi alla Camera, rispondendo ai giornalisti, Salvini dice che «non mi risulta nessun tipo di irritazione di nessun vertice» militare.