PHOTO
Commemorazione delle vittime dell'Hotel Rigopiano
Il 27 novembre prossimo, la tragedia dell’Hotel Rigopiano tornerà in aula per un nuovo capitolo giudiziario. La Corte di Cassazione valuterà le otto condanne e le 22 assoluzioni emesse nel processo d'Appello. La Procura Generale, guidata dal Procuratore Alessandro Mancini, ha presentato un ricorso di oltre 100 pagine per contestare la riduzione delle responsabilità penali, limitate ai soli livelli istituzionali del Comune di Farindola, della Provincia di Pescara e della Prefettura.
La tragedia, avvenuta sette anni fa, ha causato 29 morti e 11 sopravvissuti, segnando profondamente la comunità. La Sesta Sezione della Cassazione, specializzata in reati di depistaggio, affronterà il ricorso che mira a includere nel giudizio anche i vertici della Prefettura, esclusi dalle condanne in Appello. La Procura sostiene che l’assenza di richieste esplicite da parte degli inquirenti non può giustificare l’esclusione della responsabilità dell’ex prefetto Francesco Provolo e dei suoi funzionari.
Il ricorso evidenzia la richiesta, avanzata dalla Squadra Mobile di Pescara, di documentazione riguardante l'attività svolta dal Centro Coordinamento Soccorsi (Ccs) e dalla sala operativa della Prefettura durante la giornata del 18 gennaio 2017. La Procura sottolinea che anche un semplice silenzio, in certe circostanze, può configurare un comportamento penalmente rilevante.
Particolare attenzione è rivolta alle posizioni dei massimi dirigenti regionali del servizio di Protezione Civile, tra cui Pierluigi Caputi, Carlo Visca, Emidio Primavera, Vincenzo Antenucci, Carlo Giovani, e Sabatino Belmaggio. La Procura ha criticato la sentenza d'Appello che ha escluso le loro responsabilità, sostenendo che la mancata realizzazione della Carta di Localizzazione del Pericolo Valanghe (Clpv) e la prevedibilità dell’evento abbiano rappresentato una grave omissione.
Secondo il ricorso, non è necessario che un funzionario possieda tutti i poteri per impedire un evento disastroso; è sufficiente che eserciti quelli di cui dispone. La Procura ritiene che l’inerzia dei funzionari coinvolti abbia contribuito al verificarsi del disastro, un comportamento definito «gravemente censurabile».