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Condizione delle avvocate al centro del sondaggio di Cassa forense
Non tutti gli avvocati sono uguali davanti alla legge. Succede nel tribunale di Paola (Cs), dove fa discutere un decreto emesso dal un giudice monocratico che ha fatto scattare un nuovo e duro intervento della Camera penale di Cosenza. L’argomento? Problemi in materia di amministrazione della giustizia penale. Questa volta, al centro della protesta dei penalisti bruzi una recentissima pronuncia - dello scorso mese di giugno ma pare ve ne siano molte altre di analogo tenore - di un giudice della sezione penale del Tribunale di Paola che ha ritenuto di differenziare, in materia di patrocinio a spese dello Stato, l’imputato assistito da un avvocato del Foro di Paola da un imputato assistito da un avvocato di qualsiasi altro Foro. Nello specifico, il Giudice, nell’ambito di in uno stesso processo, ha ritenuto giusto riconoscere agli imputati assistiti da avvocati del locale Foro risorse economiche più elevate rispetto agli imputati assistiti da legali di altro Foro.
Forte e vibrata la reazione dei penalisti cosentini, che, in un documento rivolto al presidente del Tribunale di Paola e alle locali istituzioni e associazioni forensi, Consiglio dell’ordine degli avvocati di Paola e Camera penale di Paola, hanno additato la pronuncia come “costituzionalmente eccentrica”. «Non ci interessiamo dei criteri di quantificazione del compenso adottati nella decisione, che è stata impugnata», hanno precisato i penalisti della Camera penale di Cosenza; «sentiamo, però, il dovere di rilevarne le ricadute in termini di lesione di prerogative costituzionali».
«Sono intaccati i principi costituzionali e sovranazionali sanciti dai commi II e III dell’articolo 24 Costituzione - si legge nel comunicato della Camera penale di Cosenza - nella parte in cui deve ritenersi intollerabile che il diritto del più debole sia compromesso mediante la privazione delle giuste risorse economiche, necessarie per “agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”; dall’articolo 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, nella parte in cui non può essere - mai - consentito che l’assenza del giusto sostegno economico finisca col pregiudicare il diritto della persona di preparare un’adeguata e qualificata difesa tecnica. Ciò che non può e non deve tollerarsi in uno stato di diritto - chiosano i penalisti cosentini- è che all’imputato ammesso al patrocinio dei non abbienti, difeso da avvocato di Foro diverso da quello di Paola, sia imposta una scelta “drammatica”: decidere se continuare ad essere assistito dal proprio avvocato e quindi rinunciare all’adeguato sostegno economico in grado di garantire appieno il proprio diritto di difesa oppure tutelare questo suo diritto sacrificando il rapporto difensivo, mediante la revoca del proprio difensore e la nomina di un legale del Foro di Paola». Un altro caso insomma tra magistratura e avvocatura dopo la recente astensione delineata dai penalisti calabresi in protesta contro le maxi operazioni che negli ultimi anni hanno contraddistinto l’attività investigativa delle procure distrettuali di Reggio Calabria e Catanzaro. La tensione dunque rimane altissima.