Cosa hanno in comune i casi giudiziari Cerciello Rega, Ciontoli, Viareggio, Mottola, Rigopiano, Delmastro, Artem Uss, Toti? Che se un giudice si azzarda a derubricare, prescrivere, assolvere, concedere misure alternative al carcere o emettere una sentenza sgradita alla maggioranza parlamentare contro di lui si scatenano critiche asprissime da parte di politici, scattano azioni disciplinari, il Tribunale del popolo chiede la ghigliottina.

Proprio ieri il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha chiesto con «un’interrogazione urgente al ministro della Giustizia di disporre in via immediata un’ispezione sulla Corte di Assise di Appello di Roma, che ha disposto gli arresti domiciliari» per Natale Hjorth, implicato nell’omicidio del carabiniere Cerciello Rega. Per la morte di Marco Vannini, nel primo processo di appello, la Corte derubricò da omicidio volontario a colpa cosciente il reato con cui venne condannato Antonio Ciontoli. L’ex ministro Alfonso Bonafede intraprese l’azione disciplinare. La Cassazione, nel caso della strage di Viareggio, dichiarò l’estinzione di alcuni reati per intervenuta prescrizione e il Movimento 5 Stelle partorì la riforma della prescrizione stessa, mentre una folla sbraitante si ritrovò a Piazza Cavour a urlare contro gli ermellini.

Nel 2023 la Corte di Assise di Cassino ha assolto la famiglia Mottola per l’omicidio di Serena Mollicone. Gli imputati e i loro avvocati dovettero essere scortati fuori dall’aula dalla polizia perché centinaia di persone si gettarono addosso per aggredirli fisicamente. A inizio 2023 un gup del Tribunale di Pescara ha assolto 25 dei 30 imputati e comminato altre cinque lievi condanne per le 29 persone morte all’Albergo Rigopiano. Alla lettura della sentenza in aula si scatenò un putiferio: abbiamo sentito i parenti e gli amici delle vittime urlare, rivolti al gup, “bastardo” “devi morire” “venduto” “fai schifo” “non finisce qui” e anche di peggio. E il magistrato è stato costretto a lasciare l’aula scortato. Arrivò anche un tweet del ministro Matteo Salvini: «29 morti, nessun colpevole (o quasi). Questa non è “giustizia”, questa è una vergogna».

E ricordate cosa è accaduto a luglio dello scorso anno quando un gip di Roma chiese l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al caso Cospito? Palazzo Chigi fece filtrare una nota in cui si leggeva, tra l’altro, se è «lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee».

Sempre lo scorso anno il responsabile di Via Arenula dispose accertamenti ispettivi relativamente alla decisione dei magistrati milanesi di sostituire per l’uomo d’affari russo Artem Uss la misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari e braccialetto elettronico. Di qualche giorno fa la richiesta di inviare gli ispettori al tribunale di Genova per verificare se si può aprire un procedimento disciplinare contro i giudici che tengono il governatore Giovanni Toti ai domiciliari da due mesi, presentata da due consigliere laiche di destra del Csm: Eccher (espressione della Lega) e Bertolini (Fratelli d’Italia).

Per Paola Cervo, membro del comitato direttivo centrale dell’Anm in quota Area, «c’è un fil rouge che lega tutte queste iniziative, alla cui base esiste un equivoco: quando leggiamo nella Costituzione che la giustizia è amministrata nel nome del popolo italiano non significa che è amministrata dopo un sondaggio di opinione. Il provvedimento giudiziario non è rivolto all’elettorato, alla ricerca di consenso, ma fa parte dell’esercizio della giurisdizione. Esso è motivato, verificabile, anche criticabile perché non è atto segreto». Per Cervo, «continuare a delegittimare chi emette sentenze poco gradite alla maggioranza parlamentare alimenta un clima di sfiducia nei nostri confronti nell’opinione pubblica. Inoltre, a furia di chiedere l'ispezione contro ogni magistrato che ha emesso un provvedimento indesiderato si finisce con l’intimidire il giudice. Noi siamo capaci di non farci condizionare, tuttavia mi sorprende che questo accade soprattutto in un momento storico in cui il governo batte la bandiera del garantismo, rendendo più difficile, ad esempio, l’applicazione della custodia cautelare. Com’è possibile che ce la prendiamo con i giudici che offrono misure alternative ai detenuti? Non è contraddittorio questo?».

Prosegue Cervo: «Chi fa questo tipo di attacchi vuole ottenere la giurisprudenza difensiva, a danno dei cittadini, che non si sentiranno più garantiti». Infine «chi fa questo linciaggio mediatico contro di noi deve ricordarsi che la sua persona è al servizio di una istituzione e le istituzioni non usano questo tipo di linguaggio violento. Era inevitabile che prima o poi si sarebbe arrivati ad attaccare i giudici: è mai possibile che due consigliere del Csm invochino l’ispezione per i giudici di Genova? Qui siamo proprio alla crisi della separazione dei poteri. Si vuole arrivare alla giustizia di governo e non mi importa di quale governo, mi fa paura l’idea della giustizia di governo».

Per Giovanna Ollà, consigliere segretario del Cnf, «gli interventi richiesti o annunciati rivolti ad organi di controllo sull’operato della magistratura lasciano francamente perplessi quando hanno ad oggetto provvedimenti di natura giurisdizionale che, se errati o iniqui o ritenuti tali, possono essere emendati in sede di impugnazione finalizzata ad ottenerne la riforma». Per l’avvocato «non è ovviamente possibile entrare nel merito delle singole vicende, né escludere che un singolo provvedimento, se valutato in un contesto di abnormità, possa essere di per sé solo sintomatico di una deviazione dalla funzione, ma è all’evidenza uno strumento da maneggiare con cura perché inevitabilmente va ad impattare con l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e del singolo giudice». In conclusione per Ollà «neppure può tacersi il rischio, ancora più ampio, di potenziale lesione dei principi di autonomia e indipendenza, quando ciò sia preceduto da una allerta mediatica, come accaduto in alcuni casi. Proprio a Rimini, alcuni anni fa, un grave fatto di cronaca (l’aggressione a Gessica Notaro, ndr) è stato accompagnato da una richiesta di “spiegazioni” sul mancato aggravamento di una misura coercitiva all’allora ministro della Giustizia formulata in diretta dal un noto conduttore di una trasmissione televisiva (Maurizio Costanzo, ndr), cui è seguito un accesso ispettivo».