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Stefano Porta /LaPresse
Sono stati i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce, all’epoca diretto dal colonnello Giuseppe Leo, ad apporre l’indicazione omofoba e sessista di “pecorina” sui file delle intercettazioni telefoniche eseguite a carico del giudice pugliese Pietro Errede. Lo ha dichiarato nei giorni scorsi il ministro della Giustizia Carlo Nordio, rispondendo ad una interrogazione del senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto. Errede, coinvolto nel 2021 in un procedimento penale sull’affidamento degli incarichi alla sezione fallimentare del tribunale di Lecce e sottoposto quindi ad intercettazioni, al momento del deposito degli atti lo scorso anno da parte dei pm di Potenza, competenti per i reati commessi dai colleghi del distretto salentino, esaminando i vari brogliacci relativi alla sua utenza aveva scoperto che erano stati tutti denominati “pecorina”. Tale termine ricorreva solo per indicare il suo cellulare e non quello degli altri indagati, per i quali i militari della guardia di finanza avevano invece utilizzato la semplice definizione di “brogliaccio”, seguita da un progressivo numerico e senza dunque indicare alcuna particolare denominazione. «Durante l’attività di indagine - raccontò Errede - è evidentemente emerso agli inquirenti il mio orientamento omosessuale che, comunque, atteneva alla mia personalissima sfera e non doveva certamente sfociare in una gratuita e becera offesa. È chiara la portata discriminatoria e omofoba di quanto accaduto dal momento che il termine “pecorina” si presta ad una sola interpretazione. Aver connotato in modo così volgare e offensivo il mio orientamento sessuale non aveva alcuna finalità investigativa tranne quella del dileggio e della gogna omofoba», aveva aggiunto Errede.
Il magistrato, va detto, non si era lasciato condizionare ed aveva reagito, presentando una serie di esposti al ministero della Giustizia, al Csm, alla procura generale della Cassazione, al Comando generale della guardia di finanza, dove, fra le altre cose, aveva segnalato il “pregiudizio omofobo” del colonnello Leo e dei suoi collaboratori. Inoltre, il giudice pugliese aveva deciso di procedere anche con una citazione in giudizio dello Stato per responsabilità civile dei colleghi lucani. I magistrati di Potenza, puntualizzò Errede che prima di fare il giudice aveva fatto il pm, avevano il compito di “supervisionare” gli atti della guardia di finanza: «Ma non lo hanno fatto. Hanno provveduto alla cancellazione di questo termine infamante solo dopo una mia richiesta formale». Questa incresciosa vicenda era quindi finita lo scorso novembre all’attenzione del senatore Scalfarotto. «Non è in alcun modo accettabile che all’interno degli atti giudiziari vengano utilizzati termini di chiaro stampo omofobo e volti esclusivamente e dileggiare l’orientamento sessuale di una persona», affermò il senatore renziano. «È necessario - aggiunse - che Nordio si attivi prontamente perché chiarisca come sia stato possibile l’accadimento di un fatto così ingiurioso ed esponga quali iniziative intende adottare affinché nei Tribunali italiani non si producano atti e perpetuino comportamenti omofobi». «L’espressione “pecorina” è legata esclusivamente all’autonoma e mai formalmente comunicata scelta del gruppo di lavoro della polizia giudiziaria. Si è trattato di una iniziativa interna della polizia giudiziaria, del tutto informale, avvenuta all’interno di uffici di pg e all’insaputa della Procura», era stata la risposta di Vincenzo Montemurro, procuratore facente funzione di Potenza, tenuto all’oscuro dalle condotte discriminatorie dei finanzieri nei confronti di Errede, ripresa da Nordio nella sua risposta a Scalfarotto. Montemurro, come comunicato sempre dal ministro, aveva poi chiesto al comandante provinciale della Gdf di Lecce di identificare i responsabili e di procedere alle successive iniziative disciplinari. «Trattasi di una iniziativa che merita un plauso per aver colto la gravità delle accuse e per aver sollecitato la doverosa attivazione dei poteri disciplinari spettanti al vertice dell’organo di polizia delegato alle indagini affinché vicende analoghe in futuro non si ripetano», aveva infine affermato Nordio. Non è però dato sapere ad oggi quali provvedimenti disciplinari siano stati presi nei confronti dei finanzieri in questione, i quali, comunque, nell’eventuale processo a carico di Errede saranno, avendo svolto le indagini, inevitabilmente chiamati a testimoniare in Aula e dunque a guardarlo in faccia.