La premier Giorgia Meloni lo aveva già ipotizzato qualche mese fa, ieri il Guardasigilli Carlo Nordio ha declinato il concetto in modo più diffuso. E il concetto è che in Parlamento potrebbe esserci una maggioranza ad hoc per le riforme che interessano la giustizia, a partire ovviamente dalla separazione delle carriere. Un perimetro più ampio della maggioranza politica che governa il paese, che sul fronte del giusto processo, della presunzione d'innocenza e sulle pene alternative alla reclusione includa anche i partiti centristi e liberali collocati all'opposizione.

Tanto per intenderci, quel fu Terzo polo (con l'aggiunta di Più Europa) che sta cercando tra l'altro di riavviare quel processo federativo naufragato l'anno scorso a causa dei dissapori di natura personale tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Su una cosa, però, i due hanno sempre concordato, e cioè che la transizione incompiuta – per usare un eufemismo – dal sistema inquisitorio a quello accusatorio e la lotta al processo mediatico vadano sostenute, a prescindere da chi siede a Palazzo Chigi. Un primo segnale politico importante, dunque, è arrivato ieri dall'aula di Montecitorio, che ha approvato in via definitiva il ddl Nordio su abuso d'ufficio e intercettazioni, grazie anche ai voti di Azione, Italia Viva e +Europa, per un risultato numerico molto significativo in cui i sì al provvedimento hanno praticamente doppiato i no. Nel corso delle dichiarazioni di voto, gli esponenti centristi hanno tenuto a evidenziare la loro linea di convergenza: per il partito di Carlo Calenda Enrico Costa ha affermato di aver apprezzato «il lavoro del governo su questo disegno di legge e il lavoro svolto dal ministro Nordio», aggiungendo che però si tratta di «un primo passo» su cui però averebbe votato «convintamente a favore». Per Iv Roberto Giachetti, dopo aver premesso il voto favorevole del suo gruppo, ha aggiuto che il ddl Nordio è solo «il minimo sindacale» e che “la riforma strutturale della giustizia è quella che prevede la separazione delle carriere».

Un segnale troppo importante per essere trascurato dal ministro, che in Transatlantico, intrattenendosi coi cronisti dopo il voto, ha riservato uno dei suoi primi pensieri proprio al contributo dei centristi: «Noi ringraziamo l’opposizione», ha detto Nordio, «anche se ovviamente essendo l’opposizione hanno anche avuto parole critiche, e però il fatto che non si siano astenute ma abbiano votato a favore, lascia ben sperare che troviamo un punto di convergenza quantomeno sulla riforma della giustizia». «Noi sappiamo perfettamente», ha proseguito, «che non è la attuazione integrale della giustizia liberale che è nel nostro programma, ma sappiamo anche che il meglio è nemico del bene e quindi è preferibile andare avanti step by step come si dice in inglese, piuttosto che aspettare l’ultimo momento per una riforma radicale che magari alla fine non si abbia il tempo di approvare.

A questo proposito sarebbe auspicabile che anche le forze che oggi hanno votato, seppure da parte dell’opposizione, a favore di questo disegno di questa legge, possano convergere anche sulla separazione delle carriere come hanno detto altre volte, ma anche se il referendum fosse necessario e allungasse i tempi dal mio punto di vista non sarebbe una disgrazia, perché finalmente darebbe a tutti quelli che sono contrari a queste riforme la prova di come la pensa il popolo italiano». «Se noi andassimo al referendum», ha concluso, «io sono certo che avremmo una maggioranza schiacciante a favore di questa riforma liberale».

A maggio, la presidente del Consiglio, nel corso dell'intervista in cui annunciò l'arrivo imminente della riforma dell'ordinamento giudiziario in Consiglio dei ministri, aveva chiaramente fatto cenno alla possibilità che i centristi votino a favore della separazione delle carriere, aggiungendo anche una sfumatura di ulteriore ottimismo, sottolineando che coi voti di Iv, Azione e Più Europa la soglia dei due terzi dei parlamentari necessaria per evitare il referendum confermativo non sarebbe poi così lontana, seppur difficile da raggiungere. E che quando si parla di giustizia gli schieramenti politici non siano così monolitici, lo confermano anche alcuni reazioni in seno al Pd all'approvazione del ddl Nordio per quanto riguarda l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, per la quale in tempi non sospetti si erano spesi molti sindaci dem, a partire dall'ex-sindaco di Bari e presidente dell'Anci Antonio Decaro e dall'ex-sindaco di Pesaro Matteo Ricci.