Non ci sono “profili di illegalità” nella scelta del Ministero della giustizia di stipulare una convenzione con gli editori di riviste giuridiche per cedere loro la giurisprudenza di merito. Tale convenzione, annunciata la scorsa settimana dal capo Dipartimento dell’innovazione tecnologica di via Arenula, l'ingegnere Ettore Sala, durante un convegno organizzato dalle toghe progressiste di Area sull’intelligenza artificiale, aveva suscitato subito un acceso dibattito fra i vari operatori del settore.

Claudio Castelli, ex presidente della Corte d’appello di Brescia, in un intervento su questo giornale l’altro giorno, aveva ad esempio duramente stigmatizzato l’iniziativa, in particolare l’aver ceduto da parte del Ministero della giustizia la giurisprudenza di merito a titolo gratuito agli editori.

Il Ministero della giustizia, va necessariamente ricordato, ha realizzato da tempo una banca dati di merito dove chiunque, senza alcune onere, può consultare tutti i provvedimenti pubblicati. Questa banca dati rientrava negli obiettivi del Pnrr concordati con Bruxelles e che bisognava obbligatoriamente raggiungere entro la fine dello scorso anno.

La banca dati, gratuita ed accessibile a tutti, è senza dubbio uno strumento utile per rendere agevolmente conoscibili i precedenti giurisprudenziali ed il cui scopo ultimo è, ovviamente, quello di migliorare nel suo complesso l’efficienza della giustizia.

La convenzione in questione, sottoscritta tra l’Associazione italiana degli editori (Aie) ed il Ministero della giustizia prevede esclusivamente, dietro il versamento di una somma (10mila euro una tantum per l’anno 2024, ndr) la possibilità che le case editrici di codici e di riviste giuridiche possano usufruire di un servizio informatico, e quindi dello scarico massivo dei provvedimenti che fanno parte della banca dati di merito. Non vi è, allora, alcun pericolo di responsabilità erariale, perché gli editori pagano una somma per godere del servizio, realizzato come detto dal Ministero, che consente lo scarico massivo dei provvedimenti anziché quello individuale accordato a tutti cittadini.

Sul punto è poi importante sottolineare come non sia necessaria alcuna autorizzazione preventiva allo scarico massivo delle sentenze da parte dei capi degli uffici giudiziari. Le sentenze, infatti, non sono di proprietà esclusiva dei magistrati, ma sono messe a disposizione di tutti i cittadini, come previsto espressamente dalla legge, mediante la pubblicazione sulla banca dati di merito.

Anche il paventato timore di violazione dal Codice della privacy sarebbe infondato. Nessuna violazione della riservatezza è possibile perché le sentenze e i provvedimenti scaricati massivamente sono tutti previamente “anonimizzati” nelle materie previste dall’articolo 52 del Codice della privacy.

Ed in ogni caso, ciascun editore si è formalmente impegnato a rispettare la normativa sulla tutela della riservatezza. In tal modo, la eventuale violazione della disciplina determinerebbe una responsabilità solo di chi effettua la pubblicazione illecita, e dunque dell’editore stesso. Viene pertanto esclusa in radice qualsiasi responsabilità del Ministero della giustizia e tanto meno dei capi degli uffici giudiziari in caso di eventuale illecita pubblicazione di dati sensibili.