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Iolanda Apostolico spacca anche il Consiglio superiore della magistratura. Dopo gli attacchi lanciati dal governo alla giudice “colpevole” di non aver convalidato il trattenimento di tre migranti tunisini sulla base del decreto Cutro, i togati del Csm hanno chiesto al Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli l’apertura di una pratica a tutela della collega. Tutti tranne quelli di Magistratura Indipendente, la corrente considerata più vicina al governo, data la massiccia presenza di suoi esponenti a via Arenula, decisi - questa la comunicazione ufficiale - a non fomentare lo scontro politico.
La scelta, si legge in una nota, è determinata dalla volontà di «non alimentare ulteriormente la dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche in atto, fermo restando il doveroso rispetto delle decisioni giurisdizionali e l'auspicio che la legittima critica degli stessi abbia a oggetto il loro contenuto. La militanza politica non ci appartiene». Un concetto poi meglio spiegato in una nota, a firma del segretario generale Angelo Piraino e del presidente Stefano Buccino, che fanno un passo in direzione della collega: le critiche, hanno evidenziato, devono riguardare il merito della decisione e non presunte idee della magistrata. «Non dimentichiamo - hanno aggiunto - che il magistrato deve sia essere che apparire indipendente dalla politica e siamo disponibili a interrogarci su come questo dovere debba essere declinato nell’era dei social network, ma ci opponiamo alla critica dei provvedimenti basata su slogan o sul processo alle intenzioni di chi li emette, perché crea una dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche, che rischia di lasciare i cittadini disorientati e di compromettere la loro fiducia nelle istituzioni».
E al Dubbio la consigliera del Csm Bernadette Nicotra spiega così la decisione di non firmare la richiesta di pratica a tutela: «Noi non facciamo politica al Consiglio», ha chiarito. Di fronte all’obiezione che l’attacco riguarda un atto che rientra nelle competenze della giudice, dunque non politico, in merito al quale è stata accusata di mettere a rischio la sicurezza nazionale, Nicotra ha precisato che la decisione di MI «non ha nulla a che vedere con il doveroso rispetto che si deve sempre alle prerogative della giurisdizione, ma attiene esclusivamente alla convinzione che lo scontro politico non deve interferire con l'attività di un organo di rilievo costituzionale e di alta amministrazione. Occorre distinguere sempre tra attività associativa e attività istituzionale - ha concluso - e noi al Consiglio siamo istituzionali e non subiamo condizionamenti».
Nella richiesta, sottoscritta dai due indipendenti e dai membri di Area, Md e Unicost, i togati evidenziano che il provvedimento emesso da Apostolico è oggetto «di dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza parlamentare e dell'Esecutivo che, per modi e contenuti, si traducono in autentici attacchi all'autonomia della magistratura». A prescindere da ogni valutazione nel merito della decisione presa dalla giudice di Catania, «l'accusa ai magistrati, con riferimento al contenuto di un provvedimento giurisdizionale, di essere “nemici della sicurezza della Nazione (..) un ostacolo alla difesa dell'ordine pubblico ( e di) scagliarsi contro i provvedimenti di un Governo democraticamente eletto” pone in discussione la funzione stessa della giurisdizione in uno Stato di diritto», hanno evidenziato 13 consiglieri togati su 20. «Nel contempo queste dichiarazioni, realizzando una grave delegittimazione professionale del giudice estensore dell'ordinanza, espongono lo stesso a indebiti attacchi mediatici aventi a oggetto la sua sfera personale. Per queste ragioni i sottoscritti consiglieri chiedono, con la massima urgenza, l'apertura di una pratica a tutela».
La palla, ora, passa al Comitato di presidenza, che dovrà inoltrare la richiesta alla Prima Commissione, che può decidere di procedere all'istruttoria o proporre l’archiviazione. Ma intanto la posizione di MI, considerata troppo morbida nei confronti del governo, fa infuriare le toghe progressiste in consiglio. «Chiedere la tutela di un magistrato accusato di porsi contro la sicurezza nazionale in ragione di un suo provvedimento giurisdizionale non mi pare fare politica», spiega un consigliere. Secondo cui MI “perdonerebbe” gli attacchi ai «singoli magistrati», portati avanti «con affermazioni così pesanti anche per la carica rivestita dall’autore delle dichiarazioni». Una scelta che renderebbe probabile posizioni simili anche in futuro. Insomma, un attacco alla giurisdizione, secondo la quasi totalità delle toghe a Palazzo dei Marescialli. Che aspetta con ansia le mosse del Comitato di presidenza per valutare in concreto la politicizzazione del
Csm.