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UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE
La giustizia di prossimità a Torino è al collasso. Il Consiglio dell'ordine degli avvocati ha organizzato una marcia di protesta per il 12 novembre, in sinergia con la mobilitazione nazionale indetta a Roma, per denunciare una situazione divenuta insostenibile.
La crisi è ormai grave: la carenza di giudici di pace e personale amministrativo ha accumulato ritardi drammatici, con udienze fissate al 2030 e oltre. “A Torino, sono attivi appena 13 giudici di pace su una pianta organica di 134”, denuncia Simona Grabbi, presidente del Coa torinese, “mentre ogni giudice è stato costretto a gestire quasi 1.100 fascicoli solo nei primi sei mesi del 2024. Ottenere una prima udienza richiede quasi due anni, e per i decreti ingiuntivi, essenziali per il recupero crediti, l'attesa è di quattro o cinque mesi. Un paradosso in un settore in cui la rapidità è cruciale”.
Questi ritardi mettono seriamente a rischio i diritti di cittadini e imprese, considerando che le controversie gestite dai giudici di pace riguardano cause civili, penali e amministrative di grande impatto sul quotidiano. La giustizia di prossimità dovrebbe garantire risposte rapide ed efficienti, ma il sistema attuale porta solo ad attese estenuanti e inefficacia.
Già lo scorso luglio, circa 400 avvocati torinesi hanno inviato una lettera al Consiglio dell'Ordine, denunciando la situazione nell’ufficio del giudice di pace, ridotto a quattro giudici onorari e tre supplenti, che ad aprile dovevano gestire oltre 8.400 fascicoli pendenti. In una lettera del 21 maggio al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il Coa ha proposto una serie di soluzioni concrete. Tra le proposte, vi è la riduzione del periodo di tirocinio obbligatorio per i giudici onorari da due a un anno, per consentire l'ingresso immediato di circa 30 giudici già in fase avanzata di formazione.
“Un decreto d'urgenza del governo permetterebbe l'immediata operatività di questi giudici”, sottolinea Grabbi, “riducendo il carico di lavoro che schiaccia i pochi giudici”. Inoltre, il Coa suggerisce modifiche alla riforma Cartabia, reintroducendo l'atto di citazione per rendere più rapide le notifiche delle domande iniziali. “Oggi le prime udienze sono fissate a due anni dal deposito, e questo impedisce la tempestiva notifica delle cause, compromettendo la risoluzione di numerose controversie, specialmente quelle di circolazione stradale, che potrebbero concludersi con una transazione immediata”.
Con quasi 24.000 fascicoli pendenti e solo 13 giudici operativi, il Coa prevede che entro fine anno i procedimenti potrebbero superare quota 30.000, rendendo urgenti interventi prima di una revisione strutturale dell'organico. Gli avvocati torinesi chiedono al governo un decreto d'urgenza per modificare due disposizioni chiave del decreto 117/2016. Il primo intervento riguarda l'articolo 9, comma 4, per consentire l'ingresso anticipato dei giudici onorari di pace (GOP) nelle funzioni giudicanti; il secondo, all'articolo 10, comma 9, permetterebbe di assegnare anche i tirocinanti agli uffici del giudice di pace.
Inoltre, Grabbi mette in evidenza la necessità di prevedere incentivi economici adeguati, poiché per i giudici in servizio l'indennità è attualmente di soli 16.400 euro lordi annui, cifra che richiederebbe un incremento del 20% per i futuri inserimenti. “Si tratta di un costo minimo aggiuntivo a fronte di un beneficio inestimabile per la giustizia civile”, conclude la presidente.
La marcia del 12 novembre rappresenta dunque un appello degli avvocati torinesi per portare all'attenzione nazionale una situazione non più tollerabile. “I cittadini non capiscono perché per una semplice formula di esecutorietà servano mesi e mesi e perché un'udienza sia fissata solo dopo due anni. È una negazione dei diritti fondamentali alla giustizia”, dichiara Grabbi.