Per il governo Meloni la famiglia “tradizionale” non è in discussione: sulla carta d’identità resterà la dicitura “padre” e “madre”, anche per i figli nati da genitori dello stesso sesso. La decisione del Viminale e del ministero della Famiglia arriva dopo l’ordinanza del Tribunale civile di Roma, che lo scorso novembre ha accolto il ricorso di due mamme rappresentate dall’associazione “Avvocatura per i Diritti LGBTI+ - Rete Lenford” e Famiglie Arcobaleno.

In quell’occasione i giudici hanno stabilito che sui documenti della bimba nata dalla coppia bisogna riportare la qualifica di “genitori”, dichiarando quindi illegittimo il “Decreto Salvini” del 31 gennaio 2019, con il quale l’allora Ministro dell’interno aveva ripristinato la dicitura “padre e madre” sulle carte di identità elettroniche rilasciate a persone minorenni. Ma come spiega a Repubblica una delle due mamme che ha vinto la causa, a distanza di un mese e mezzo il documento corretto della bimba non è ancora arrivato. 

Per ottenere la modifica richiesta dall’ordinanza bisogna infatti modificare il software del Viminale. Il quale - ha spiegato il presidente di Rete Lenford Vincenzo Miri in un’intervista al Dubbio – avrebbe dovuto decidere «se perseguire nella discriminazione di tutte le altre coppie, emettendo una singola carta d’identità per la specifica coppia che ha vinto la causa. Oppure se attuare questa ordinanza, evitando che ce ne siano altre di analogo tenore». 

Cade quindi nel vuoto l’appello dei legali, che hanno chiesto al ministero di attuare la decisione del tribunale di Roma in via generale, risparmiando alle coppie omogenitoriali battaglie giudiziarie lunghe e costose. Ma niente da fare. Per la titolare del ministero per la Famiglia e la Natalità, Eugenia Roccella, il caso singolo non fa la regola. E coloro che non sono d’accordo «possono sempre fare ricorso». «Si è fatto tanto rumore per quella decisione – spiega la ministra a Repubblica - ma si tratta di una sentenza individuale, dunque vale per la singola coppia che ha fatto ricorso». Mentre Salvini esulta su Twitter: «Mamma e papà, le parole più belle e dolci del mondo, non si toccano».

Ricordiamo che l’ordinanza del tribunale di Roma non è stata impugnata dal Viminale, ma Palazzo Chigi dichiarò all’epoca che avrebbe «esaminato con particolare attenzione» la decisione dei giudici, «perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale». E dopo un mese e mezzo il “verdetto” è arrivato: a “pagare”, sostengono le associazioni Lgtbq+, saranno migliaia bambini lasciati senza tutele. 

«Mentre festeggia il suo Natale il governo mette alla gogna i figli e le figlie delle famiglie arcobaleno. E meno male che c'era il ministero della natalità», commenta Rosario Coco, Presidente di Gaynet. «Per evitare un documento falso ai loro figli e figlie le famiglie arcobaleno devono passare da un tribunale investendo migliaia di euro. Sembra di commentare un film distopico ma purtroppo è la realtà», incalza Coco. Che chiosa: «La maggioranza rimane incollata a un familismo grottesco e fuori dal mondo, visto che in Italia secondo l’Istat le persone che vivono da sole superano le coppie con bambini. Prima di stracciarsi le vesti per l’inverno demografico - conclude Coco - Roccella e Meloni riconoscano subito gli stessi diritti a tutti i bambini e le bambini e le stesse responsabilità a chi vuole essere genitore».