Se non fosse intervenuto nelle scorse settimane il Consiglio di Stato, estensore della pronuncia la consigliera Valeria Vaccaro, un ufficiale dei carabinieri rischiava di essere l’unica persona in Italia a subire ancora le conseguenze delle regole pandemiche. Il cortocircuito burocratico-amministrativo non può non far tornare alla memoria i migliori racconti di Franz Kafka. Mentre da un lato infatti il governo di Giorgia Meloni decideva prima di sospendere e poi di annullare le multe nei confronti di coloro che, nonostante gli obblighi, non si erano vaccinati sfidando così i celebri Dpcm di Giuseppe Conte, dall’altro le gerarchie dell’Arma rendevano definitiva una condanna disciplinare a ben due giorni di consegna di rigore a carico del colonnello per violazione della normativa sul green pass.

La sanzione in primo grado era stata comminata a giugno del 2022, per fatti verificatisi tra il febbraio e il marzo di tale anno, e quindi in pieno periodo pandemico. Al colonnello, che all’epoca comandava una importante compagnia carabinieri in Liguria, i superiori gerarchici avevano contestato la “mancata vigilanza e verifica” del possesso del green pass da parte di un suo sottoposto, un convinto sottufficiale “no vax” che in assenza della certificazione vaccinale non sarebbe potuto nemmeno accedere alla caserma. In base alle contestazioni mossegli nel procedimento disciplinare, in particolare, al colonnello veniva imputata la violazione di una circolare del Comando generale dell’Arma che prevedeva la verifica della regolarità della posizione vaccinale da parte di tutti i carabinieri in servizio. Il colonnello si difendeva rilevando che la delega precedentemente conferitagli fosse scaduta il 31 dicembre del 2021 e poi mai più rinnovata. Pertanto, al momento dei fatti, egli non aveva alcun obbligo di verifica sui sottoposti. E quindi sul sottufficiale no vax.

Per quanto tali semplici argomentazioni fossero state adeguatamente rappresentate dal colonnello, sia in occasione del procedimento disciplinare, poi conclusosi come detto con l’irrogazione della consegna di rigore, ma anche in seguito con il ricorso gerarchico da egli promosso l’anno successivo, la posizione dell’Arma rimaneva irremovibile. La fermezza delle determinazioni assunte dalla Commissione di disciplina, nominata ad hoc con la partecipazione di blasonati ufficiali, restava tale anche nelle more della definizione del ricorso gerarchico allorquando il colonnello aveva acquisito e depositato ulteriori circolari dello stesso Comando generale dell’Arma, sempre in materia di controlli sugli obblighi vaccinali Covid, che facevano chiarezza sulla tematica dei controlli.

All’ufficiale non rimaneva dunque che presentare un ricorso straordinario al Consiglio di Stato. Quest’ultimo, a differenza della scala gerarchica dell’Arma rimasta sempre ferma sulle proprie posizioni, accoglieva tutte le osservazioni dell’ufficiale, escludendo qualsiasi forma di responsabilità a suo carico in quanto non preventivamente autorizzato ai controlli. Soddisfazione per l’esito della vicenda è stata espressa da parte degli avvocati Rosa Pepe e Francesco Buscicchio di Potenza che insieme al collega Francesco Petrucci di Lecce hanno curato il ricorso del colonnello. Resta però l’amarezza da parte di tutti di essere dovuti ricorre al giudice amministrativo per una vicenda che si poteva banalmente risolvere, preso atto degli stessi provvedimenti del Comando generale dell’Arma sul punto, in autotutela. Dopo aver tanto insistito per la condanna del colonnello, una sconfessione sarebbe stata però difficile da accettare per i vertici della Benemerita.