Dopo otto anni di battaglie legali, l’avvocato leccese Francesco D’Agata è stato assolto dalla Cassazione, che ha annullato senza rinvio la condanna inflittagli. L’avvocato D’Agata era stato accusato di essersi appropriato indebitamente di parte del risarcimento destinato a una cliente senegalese, coinvolta in un grave incidente stradale. Secondo l’accusa, avrebbe trattenuto parte dei 636mila euro destinati alla donna, presentandole solo 300mila euro. Sin dall'inizio, D'Agata ha respinto le accuse, sostenendo di aver agito in conformità con un accordo con la cliente.

Il percorso giudiziario è stato lungo e difficile. Inizialmente condannato a 3 anni e 1 mese, la pena era stata aumentata in appello a 3 anni e 6 mesi. L’avvocato D’Agata ha sempre professato la propria innocenza, combattendo per difendere il suo nome, anche di fronte alla grande esposizione mediatica che il caso ha avuto. La sua notorietà come ex segretario provinciale dell’Italia dei Valori e rappresentante dello “Sportello dei Diritti” ha amplificato il peso delle accuse, esponendolo al giudizio pubblico.

D’Agata ha descritto il trauma dell’arresto, avvenuto una mattina presto, quando la Guardia di Finanza si è presentata alla sua porta alle 6:30. «Pensavo fosse una banale questione fiscale», ha detto, ricordando la sorpresa quando si è reso conto che si trattava di un’ordinanza di custodia cautelare per il carcere. Sua figlia, allora di quattro anni, doveva festeggiare il compleanno pochi giorni dopo, e lui non ha potuto partecipare alla festa. Convinto che ci fosse un errore, si aspettava di essere scarcerato poco dopo, ma rimase in carcere 40 giorni e poi agli arresti domiciliari per quasi un anno.

Una conferenza stampa convocata a poche ore dall’arresto dal procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta, ha aggravato la situazione, coinvolgendo tutti i principali media nazionali e creando una tempesta mediatica attorno al caso. Questo ha peggiorato la percezione pubblica dell’avvocato, che si è trovato associato a un'immagine negativa difficile da cancellare. Nonostante l’assoluzione, la notizia non ha ricevuto la stessa attenzione della sua incriminazione, lasciando una macchia sulla sua reputazione.

Il carcere, sebbene traumatico, ha permesso a D’Agata di vedere da vicino le condizioni disastrose del sistema penitenziario italiano. Ha raccontato come il carcere sia spesso un luogo di affiliazione alla criminalità, con i detenuti che trovano protezione solo nei gruppi criminali, non nello Stato. «Il carcere è il peggior girone dell'inferno», ha spiegato, descrivendo le condizioni estreme che i detenuti devono sopportare. Ha ricordato episodi di persone che si infilavano in sacchi di plastica riempiti d'acqua per sopportare il caldo insopportabile, e ha denunciato la mancanza di risorse per una vera rieducazione all'interno delle strutture carcerarie.

Dopo il periodo di detenzione domiciliare, D’Agata ha ripreso la sua attività di avvocato, contando sul supporto di clienti e amici che hanno sempre creduto nella sua innocenza. Ha ribadito che, se avesse saputo dell’indagine, si sarebbe presentato spontaneamente per chiarire la sua posizione, evitando l’arresto che ha irrimediabilmente compromesso la sua vita professionale.

Guardando al futuro, l’avvocato D’Agata ha espresso il desiderio di contribuire a riformare il sistema giudiziario italiano, affinché episodi simili non si ripetano. Ha suggerito di introdurre test psicoattitudinali per i magistrati e un tirocinio obbligatorio nelle carceri, per sensibilizzare i giudici sulle reali conseguenze della privazione della libertà. Inoltre, ha chiesto che la custodia cautelare sia utilizzata davvero come extrema ratio, come stabilito dalla Costituzione.

Nonostante il sollievo per l’assoluzione, D’Agata non ha ancora deciso se tornerà alla politica, dalla quale si è allontanato durante gli anni del processo. Tuttavia, è certo che continuerà a esercitare la professione legale, dedicandosi alla difesa dei più deboli, come ha sempre fatto. L’esperienza del carcere, per quanto dolorosa, gli ha aperto gli occhi su problematiche che prima non conosceva appieno e ha rafforzato il suo impegno per una giustizia più equa.

L’assoluzione ha chiuso un capitolo tormentato della vita di D’Agata, ma le cicatrici, soprattutto a livello personale, restano profonde. Tuttavia, guardando avanti, l’avvocato si dice pronto a rimettersi in gioco, con la speranza che il suo caso possa contribuire a una riflessione più ampia sul funzionamento del sistema giudiziario e penitenziario italiano.