E se l’inchiesta sul tifo organizzato di Milan e Inter “incoraggiasse” la politica a riaprire il file relativo alla modifica dell’attuale normativa sulle misure di prevenzione? Come abbiamo appurato leggendo le carte dell’inchiesta della Procura milanese, è stato aperto un “procedimento di prevenzione”, e i due club («parti offese», assicurano i pm) dovranno dimostrare, in contraddittorio, di aver reciso i legami con il mondo ultrà, soprattutto sul fronte biglietti, altrimenti potrebbe scattare l’amministrazione giudiziaria. Sarebbe uno choc sia per le società calcistiche, sia per tutto quello che gravita economicamente nel mondo del pallone.

Quello delle misure di prevenzione è un fenomeno che riguarda già diverse realtà industriali e commerciali soprattutto siciliane, molto spesso distrutte senza però che i proprietari abbiano subìto una sanzione penale. Si parla infatti di “pena” (sotto forma di confisca) senza condanna. È quello che per esempio è successo alla famiglia Cavallotti che è riuscita però a portare la questione all’attenzione della Cedu. Tra i diversi elementi di criticità basti pensare alla probatio diabolica che la difesa è chiamata a fornire per scardinare il “sospetto” della provenienza illecita del patrimonio dell’indagato. La Corte deve ancora tuttavia pronunciarsi sulla nostra normativa, la quale, per molti giuristi, appare come un abuso della legislazione antimafia, che ha abbandonato il suo alveo originario, sacrificando la presunzione di innocenza e i diritti individuali sull’altare della lotta al crimine organizzato, ponendo seri dubbi di legittimità costituzionale.

Tuttavia in commissione Giustizia della Camera il 28 settembre 2023 è stata incardinata una proposta di legge di iniziativa dei deputati di Forza Italia Pietro Pittalis, Giorgio Mulè, Tommaso Calderone e Annarita Patriarca per modificare appunto la norma sulle misure di prevenzione. Questa pdl venne presentata già nella scorsa legislatura dall’attuale sottosegretaria di FI Matilde Siracusano, che raccolse le istanze della battaglia portata avanti proprio dalla famiglia di Pietro Cavallotti. Il punto è che, a oltre un anno dall’iniziativa dei parlamentari azzurri, la discussione non è mai iniziata. Il governo e gli altri due azionisti di maggioranza, Lega e Fratelli d’Italia, non hanno mai preso in considerazione la necessità di accelerare o semplicemente di avviare l’iter, anche per non fornire l’assist a certa stampa di sostenere che si voglia indebolire la lotta alla mafia.

In realtà pure il Carroccio ha presentato una proposta che riguarda più che altro l’amministrazione giudiziaria dei beni confiscati, non andando però al cuore del problema. Invece Forza Italia ha sempre assunto una posizione più garantista, a prescindere dal presunto ‘danno d’immagine’ popolare che potrebbe derivare dal sostegno alla modifica dell’attuale legge. Come ci spiega in premessa proprio l’onorevole Pittalis, «pur non volendo affatto indebolire gli strumenti di lotta alla criminalità organizzata, noi siamo da sempre contrari alle misure di prevenzione che si fondano sul mero sospetto o su elementi che neppure costituiscono un indizio. Tant’è che, nell’esperienza di studio del fenomeno di questi ultimi anni, abbiamo potuto notare come nella grande maggioranza dei casi le misure, quando vengono sottoposte a una verifica, vengano moltissime volte annullate, o perché mancano totalmente i presupposti o perché non si ravvisano gli estremi di reato. Eppure, nel frattempo hanno pesantemente impattato sulla vita delle persone e sui loro patrimoni, che rischiano poi di essere dispersi».

Pittalis poi ci spiega che «dopo il focus su prescrizione, intercettazioni, abrogazione dell’abuso d’ufficio, correzione del traffico di influenze illecite, problema delle carceri e altri provvedimenti in tema di giustizia, ora penso che torneremo proprio sulle misure di prevenzione. Mi sono confrontato recentemente anche con il collega esperto Enrico Costa. Vorremmo fare una valutazione all’interno del dipartimento Giustizia di Forza Italia, per poi sottoporre il tema anche al confronto con i colleghi degli altri gruppi della maggioranza e aprire poi anche a un contributo delle opposizioni, a prescindere da quando arriverà la decisione della Corte europea dei Diritti umani. Anche se non si possono ignorare i dubbi già sollevati dai giudici di Strasburgo sulle norme in materia di prevenzione non in armonia con il diritto internazionale».