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«Se ho fondato un “partito” Open e non lo sapevo significa che stiamo mettendo in discussione le regole del gioco democratico». Lo ha ribadito Matteo Renzi nel parmense intervenendo sull’inchiesta relativa alla Fondazione Open. «Si è creato un vulnus - ha ribadito Renzi - l’impossibilità di un partito politico di finanziarsi se non con il piccoli aiuto delle persone» .
Renzi ha poi sottolineato «l’incredibile attenzione speciale non della magistratura ma di qualcuno sempre nella stessa direzione». Per Renzi esiste dunque un conflitto: «C’è potere giudiziario e legislativo, penso siamo in presenza di una invasione di campo nel settore della politica». Insomma, l’ex premier è un furia e apre senza alcuna remora la polemica con la procura di Firenze che intanto continua a spulciare tra i conti correnti della Fondazione.
«Quello che è accaduto ieri mattina all’alba costituisce un vulnus clamoroso nella vita democratica del Paese». Nel giorno in cui la Guardia di Finanza, su mandato della Procura di Firenze, esegue nuove perquisizioni in tutta Italia nei confronti dei finanziatori privati della Fondazione Open, Matteo Renzi passa al contrattacco.
E lo fa attraverso tutti i canali di comunicazione a sua disposizione: Twitter, E- news e conferenza stampa in diretta Facebook. L’ex presidente del Consiglio si scusa con tutte le «persone perbene non indagate» svegliate all’alba dagli agenti per essere sottoposti a perquisizioni. Una «retata», dice, disposta da due magistrati fiorentini, «Creazzo e Turco», convinti che Open non fosse una fondazione ma un partito.
«Chi decide cos’è un partito politico?», si chiede Renzi. «Io non sto attaccando l’autonomia della magistratura, sto difendendo l’autonomia della politica», spiega. «Il fatto che Open sia stata trasformata da qualcuno in un partito politico è un fatto enorme. Se accettiamo questo principio è una cosa enorme per la democrazia», aggiunge. Perché a essere messa in discussione è la possibilità di «un partito di finanziarsi. Chi non reagisce oggi accetta che si metta in discussione il principio della separazione dei poteri».
Non possono essere le toghe a decidere cosa è o cosa non è un partito. E tanto meno, possono «fondare partiti conto terzi», attacca ancora l’ex premier. Equiparare una fondazione a un partito è solo un pretesto «per indagare alcuni e perquisire tutti», insiste. Perché di questo passo, è convinto Renzi, anche una Srl potrà essere considerata simile a un partito in futuro. Anzi, dice ironico, «se volete stare tranquilli date i soldi alla Casaleggio, non li date a Italia viva».
L’ex segretario del Pd mette in discussione la legittimità dei metodi investigativi dei pm fiorentini, gli stessi che chiesero e ottennero gli arresti per i suoi genitori. «Mi sento oggetto di attenzioni speciali da parte di alcuni magistrati», ribadisce il leader di Italia viva. Che poi prova a parare anche i colpi provenienti da altri fronti.
Nel pomeriggio, infatti, L’Espresso pubblica un’altra notizia sul conto dell’ex presidente del Consiglio: nel 2018, Riccardo Maestrelli, un imprenditore nominato dal governo Renzi in Cassa depositi e prestiti ( tra i finanziatori di Open) prestò 700mila euro all’ex premier per comprare la sua villa sulle colline toscane. “L’inchiesta non ha niente a che vedere con la Fondazione Open», precisa il diretto interessato, che in conferenza stampa annuncia la querela ai giornalisti del settimanale per divulgazione del segreto bancario. Ma conferma di aver ricevuto un prestito, restituito in 4 mesi. «Ho comprato casa a Firenze per 1.300.000 euro e ho venduto la mia casa di Pontassieve per 830.000 euro», spiega. «Prima che si perfezionasse la vendita - in attesa di avere la disponibilità finanziaria - ho chiesto un prestito nel giugno 2018 a una conoscente, prestito che ho prontamente restituito nel novembre dello stesso anno», è la sua ricostruzione dei fatti.
In ogni caso, prosegue Renzi, che liquida come una «velina» la notizia dell’Espresso, «se qualcuno pensa di intimorirmi, ha sbagliato persona. Farò più Tv del previsto. Più radio del previsto. Più social del previsto». E non solo, visto che capogruppo di Italia Vivaal Senato, Davide Faraone, ha scritto alla presidente Elisabetta Casellati per «calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato sulle regole del finanziamento alla politica e su chi stabilisce cos’è un partito e cosa no». A intervenire sarà proprio il senatore Matteo Renzi. «Non vedo l’ora», sottolinea l’ex premier.
E mentre il leader di Italia viva sembra deciso a rispondere colpo su colpo, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, pur non entrando nel merito della vicenda, pretende «rispetto» per la magistratura. Il capo politico del suo partito, Luigi Di Miao, insiste sull’istituzione di una commissione d’inchiesta sui fondi ai partiti. «Per noi questo tema è una priorità», dice, «faremo in modo di portarla a casa il prima possibile». Proposta accolta con favore da Renzi, che non vede l’ora di far luce su Rousseau e Casaleggio associati.
Evita di commentare, invece, il capo dell’opposizione Matteo Salvini, che sulle perquisizioni in corso dice: «Non mi interessa fare battaglia politica su questo e non do giudizi».