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Il ministro Raffaele Fitto
Manca poco. Tra il governo italiano – e in particolare il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto – e gli emissari di Bruxelles, la trattativa sulla revisione del Pnrr è alle battute finali. Da qui a pochi giorni conosceremo i nuovi target. E nel quadro di questo aggiornamento, cambierà anche la percentuale relativa al taglio dell’arretrato nei processi.
È delicatissima, come ha ripetuto più volte anche il guardasigilli Carlo Nordio, soprattutto l’intesa che Italia e Unione europea dovranno rimodulare sulla riduzione delle vecchie cause civili. Era del 90 per cento, secondo gli obiettivi del Pnrr concordato nel 2021, con la Commissione Ue, dal governo di Mario Draghi. Si tratta però di un’ambizione assolutamente irrealistica, come ha certificato tra l’altro l’ultima relazione di via Arenula. Che ha sì offerto riscontri incoraggianti, soprattutto sul penale, riguardo alla cosiddetta riduzione dei tempi dei processi, ma ha anche segnalato come le vecchie cause civili (cioè quelle pendenti da almeno tre anni) siano state smaltite, in primo grado, solo del 19,7% (rispetto alla base di partenza del 2019). Pensare che da qui a giugno 2026 si possa riuscire a cestinare l’altro 70 per cento dei vecchi fascicoli è evidentemente irragionevole.
Tocca ora alla cabina di regia guidata da Fitto definire con l’Ue la nuova percentuale. Il ministro delegato al Pnrr, intervenuto ieri al congresso Aiga di Bari, è in contatto con Nordio e con il suo ufficio di Gabinetto, oltre che con il viceministro Francesco Paolo Sisto e i sottosegretari Andrea Delmastro e Andrea Ostellari. E poi Fitto ha ormai una linea di comunicazione permanente con gli emissari della Commissione europea. Ci si accorderà per ridimensionare al 32 per cento, come chiesto nei mesi scorsi da via Arenula, il taglio da conseguire, per l’arretrato civile, entro giugno 2026? I protagonisti della discussione spiegano che «è impossibile dare anticipazioni sul dato certamente più in bilico, nell’ambito del Pnrr giustizia, in questo ultimo passaggio della trattativa». Però si scenderà senz’altro parecchio rispetto al punto in cui l’asticella venne fissata tre anni fa da Mario Draghi e dal ministero allora guidato da Marta Cartabia.
A chi ha avuto modo di discuterne riservatamente con lui negli ultimi giorni, Fitto ha spiegato come sia davvero sorprendente la scelta, compiuta nella prima fase del Pnrr, di immaginare che l’arretrato civile potesse essere di fatto azzerato entro la metà del 2026. È sorprendente, ha osservato Fitto con i propri interlocutori, anche perché quell’obiettivo cosi ambizioso non è stato concordato – da quanto si è potuto ricostruire – sulla base di uno studio previsionale, o di un trend statistico che potesse giustificarlo.
In realtà su quel 90 per cento di vecchie cause civili, ha osservato il ministro con delega al Pnrr, risulta essere intercorso nel 2021, fra Roma e Bruxelles, un banalissimo scambio di mail. Si concordò di poter cancellare o quasi la montagna dei vecchi fascicoli così, in base a un’ipotesi basata sostanzialmente sugli auspici. Null’altro. E adesso tocca a lui, al ministro per gli Affari europei, metterci una toppa. Ottenere il sì, che dovrà venire prima dalla Commissione di Bruxelles e poi anche dal Consiglio europeo, su un traguardo decisamente più modesto, delineato d’intesa con Nordio in una misura che sia comunque accettabile per il sistema giustizia.
D’altronde, che si fosse adottato un criterio un po’ ottimistico e un po’ approssimativo, nell’intesa del 2021 con l’Ue, è diventato via via più evidente nel corso dei mesi scorsi, come riportato su questo giornale. Ora si dovrà essere realisti. Niente fughe in avanti. Anche perché se l’obiettivo sull’arretrato civile alla fine non fosse colto, si rischierebbe di compromettere almeno una parte delle rimanenti 6 rate che ancora l’Italia deve incassare. Un pericolo che il governo Meloni non può neppure lontanamente pensare di correre.