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Manifestazione ‘madri fuorilegge, lesbiche unite per il pieno riconoscimento della maternità’ tenutasi in occasione della giornata internazionale della visibilità lesbica 2024
Nel puzzle frammentato che tiene in bilico i diritti dei figli nati da due mamme la svolta attesa per mano della Consulta resta ancora un miraggio. Almeno per un po’. Oggi, infatti, la Corte avrebbe dovuto avviare l’esame della questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Lucca rispetto al doppio riconoscimento della madre biologica e della madre “intenzionale” (ovvero colei che non ha partorito il figlio) negli atti di nascita dei bambini nati in Italia e concepiti all’estero da due donne tramite procreazione medicalmente assistita.
Domanda: è possibile registrarle entrambe, secondo il quadro normativo vigente? Per una risposta “definitiva” bisognerà aspettare: l’udienza è stata rinviata a data da destinarsi, in un momento in cui - in attesa di un accordo sui quattro nomi da sostituire - la Corte si trova “a corto” di giudici. Dunque la questione resta in balia dei sindaci e dei singoli tribunali, con decisioni a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Mentre il Parlamento tace, nel «vuoto di tutela» già richiamato dalla stessa Consulta con la sentenza 32 del 2021.
Il nodo, in generale, riguarda il genitore che abbia condiviso un percorso di Pma con il partner che porta avanti la gravidanza: se il riconoscimento non avviene automaticamente, o se ne viene richiesta la cancellazione, la madre “intenzionale” può ricorrere all’istituto dell’adozione in casi particolari. Con tempi lunghi e incerti, rispetto al verdetto del giudice, e con la possibilità che il genitore biologico revochi il proprio consenso.
Proprio per questo, da anni, è atteso un intervento dei giudici costituzionali che possa mettere ordine nel caos giurisprudenziale denunciato più volte dall’avvocato Vincenzo Miri, presidente della rete Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+. Che ha seguito anche la causa avviata davanti al tribunale di Lucca: «Qualunque sia l’esito della Corte - chiarisce il legale - metterebbe un punto alla questione e darebbe certezza allo status di figli».
In questo caso si tratta di un bambino concepito in Spagna da due donne, già madri di una figlia, e nato a Camaiore nel 2023. Il sindaco del Comune toscano, in qualità di pubblico ufficiale, ha provveduto alla formazione dell’atto di nascita con l’iscrizione delle due mamme. Ma la procura ne ha chiesto la rettifica. «La giurisprudenza della Corte di Cassazione, dal 2020 fino ad oggi, e cioè tutte le volte in cui si è occupata di questo tipo di vicende, ha sempre ritenuto illegittima la registrazione della madre intenzionale», spiega Miri. Di qui il ricorso della procura, e la decisione del tribunale di Lucca, per sottoporre al vaglio della Consulta la norma che impedisce, «secondo l’interpretazione univoca e granitica della Cassazione», il riconoscimento della genitorialità intenzionale anche nei casi in cui non c’è alcuna ipotesi di surrogazione di maternità. Rispetto alla quale il divieto è pacifico.
Di mezzo ci sarebbe anche l’ormai nota circolare del Viminale, che nel gennaio 2023 aveva imposto lo stop ai riconoscimenti sulla base della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del dicembre 2022, relativa esclusivamente al riconoscimento dei bambini nati tramite gestazione per altri. Diverso, dunque, è il caso dei bimbi nati da due donne tramite fecondazione eterologa: sul punto la Cassazione ammette la trascrizione degli atti formati all’estero, ma nega la possibilità di formare gli atti in Italia. «In questo caso in particolare - argomenta Miri - non se ne vede la ragione. Perché non c’è alcun controinteresse costituzionale da bilanciare, come nel caso della surrogazione di maternità, rispetto alla quale le Sezioni Unite e anche la Corte costituzionale si sono a lungo interrogate sulla plausibilità di un riconoscimento immediato della doppia generalità, ma lo hanno escluso sulla base di un controbilanciamento da fare rispetto ad altri valori costituzionali, ovvero la dignità della donna».
Quando il percorso è condiviso tra due donne, l’unico elemento di esclusione è dunque l’orientamento sessuale. Lo prevede la legge 40, articolo 5, che in Italia preclude l’accesso alle tecniche di Pma alle coppie omogenitoriali e alle donne single. Proprio su questo punto si attende il verdetto della Consulta, laddove il tribunale di Firenze ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo alle condizioni di accesso alle tecniche riproduttive. Questione sospesa, come è congelata la sorte delle mamme di Padova: dopo che lo scorso marzo il tribunale ha dichiarato inammissibili gli oltre 30 ricorsi presentati dalla procura, che chiedeva la rettifica degli atti di nascita, la questione pende presso la Corte d’Appello di Venezia. Un bell’ingorgo, per la Consulta.