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La Cina non è poi così vicina, e nemmeno il Ghana. L’emendamento sulla prescrizione infilato nel ddl Anticorruzione che ha fatto saltare i nervi ai leghisti e il via libera al dl Sicurezza che minaccia di far scoppiare la rivolta dei pentastellati al Senato sono stati entrambi congelati, in attesa del rientro in Italia dei due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Solo su questo punto, le dichiarazioni dei parlamentari pentaleghisti si sono incontrate: il nodo lo devono sciogliere i due leader e senza prima un loro vertice non si procede. Tutto fermo, dunque, fino all’incontro politico fissato per oggi, con il premier Conte a tentare la mediazione.
Intanto, la giornata di ieri è stata particolarmente concitata, soprattutto alla Camera. Se il decreto legge Sicurezza è già in Aula ( e il ministro Riccardo Fraccaro ha annunciato la fiducia), il disegno di legge sull’Anticorruzione e l’emendamento prima ritirato e poi ripresentato sulla prescrizione sono ancora al vaglio delle Commissioni congiunte Giustizia e Affari costituzionali della Camera. Risultato: si è scatenata la bagarre tra Movimento 5 Stelle e Pd a causa dei ritardi nei lavori. Il deputato Stefano Ceccanti ha lamentato l’irritualità nella gestione della Commissione, documentando minuto per minuto lo svolgimento: prima la convocazione alle 11 del mattino, ma i presidenti Giulia Sarti e Giuseppe Brescia entrambi M5s - non si presentano per più di due ore; i deputati delle opposizioni li vanno a cercare e scoppia la rissa tra il dem Emanuele Fiano e la grillina relatrice dell’emendamento sulla prescrizione, Francesca Businarolo. I lavori cominciano all’ 1 ma l’intoppo è dietro l’angolo: i presidenti fanno sapere di non aver ancora deciso sull’ammissibilità dell’emendamento. Infine, nuova convocazione delle Commissioni alle 20 di ieri, «ma non daremo pareri sull’ammissibilità», ha anticipato la presidente Sarti, pur scusandosi per i due rinvii. E proprio questo ha scatenato ulteriormente le opposizioni: senza il parere le commissioni non possono lavorare e, dietro la dilazione, i deputati dem e di Forza Italia vedono il tentativo di aspettare gli esiti del vertice tra Salvini e Di Maio. «Così piegano il loro ruolo istituzionale alle esigenze del loro partito», ha tuonato l’ex ministro e responsabile forzista della Giustizia, Enrico Costa: «Fornire i pareri di ammissibilità è un obbligo e non una scelta e non può essere dettato dai litigi nella maggioranza e dai tempi necessari per risolverli». Sarti, però, ha smentito qualsiasi escamotage: più ampia». Intanto, sono all’opera gli abili tessitori della mediazione. Mentre il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, sta continuando i suoi incontri con associazioni forensi e magistrati nel tentativo di ricucire il dialogo, a rischiarare il cielo sul ddl ci pensa Giancarlo Giorgetti. «Come spesso accade bisogna incontrarsi e discutere. Quando tornano Salvini dal Ghana e di Maio dalla Cina può darsi che si incontreranno e troveranno soluzione», ha detto con toni concilianti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E, a lavorare di cesello sulla norma, la Lega a chiamato Giulia Bongiorno. La ministra per la Pubblica amministrazione è prima di tutto una tra le penaliste più note d’Italia e proprio da lei era arrivato lo stop all’emendamento. Ora, la ministra è andata temporaneamente in aiuto di via Arenula e del sempre più accerchiato Bonafede: «Sono in contatto con lui, lo sento prima e dopo i pasti» e «stiamo cercando una soluzione che si vede all’orizzonte». Mentre dalle stanze dei 5 Stelle si sussurra che «la soluzione sulla prescrizione è a portata», Bongiorno ha assicurato che «non esiste una contrapposizione tra chi vuole l’impunità e chi non la vuole, anzi. L’unica preoccupazione che abbiamo manifestato è di evitare che una persona condannata non vada in carcere», poi ha spiegato le sue perplessità tecniche: «Se una persona viene condannata in primo grado e viene eliminata la prescrizione il processo non ha un secondo grado e un terzo grado perchè, attualmente, vengono fissati in base alla prescrizione, e allora faremmo restare in circolazione un delinquente». Tradotto: l’emendamento per come è formulato rischia di creare disastri. La riforma Orlando, infatti, ha sospeso la prescrizione tra i gradi di giudizio, indicando i tempi di fissazione dell’udienza d’Appello e di Cassazione sulla base di questi stop, dunque sospendendo dopo il primo grado la prescrizione senza ulteriori chiarificazioni si rischia di mandare in tilt la macchina processuale. Le trattative, dunque, proseguono senza sosta. Tra le possibili soluzioni sul tavolo, quella più gradita alla Lega sarebbe quella di diversificare i termini della prescrizione in base al tipo di reato, dunque non eliminandola ma gradandola ( rimettendo mano all’impianto attuale senza raderlo al suolo). Come questo possa conciliarsi con lo stop alla prescrizione dopo il primo grado chiesto dai 5 Stelle e ispirato da Piercamillo Davigo, è difficilmente comprensibile. Eppure, trapela cauto ottimismo.