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Una fase del processo Bibbiano
«Le dichiarazioni scritte e rese oralmente dalla dottoressa Rita Rossi appaiono intrinsecamente false» e viziate dalla «violazione di parametri scientifici, tecnici e metodologici “predeterminati” e “indiscussi”». E per tale motivo, l’avvocato Luca Bauccio, difensore della psicoterapeuta Nadia Bolognini, imputata nel processo “Angeli e Demoni” sui presunti affidi illeciti in val d’Enza, ha chiesto alla Corte di valutare «ogni circostanza utile circa la sussistenza degli estremi di eventuali reati connessi a false attestazioni e dichiarazioni», chiedendo la trasmissione degli atti alla procura generale di Bologna per la consulente della pm Valentina Salvi.
Consulente il cui lavoro era già stato pesantemente criticato dai giudici d’appello di Bologna, che nell’assolvere lo psicoterapeuta Claudio Foti (sentenza confermata dalla Cassazione) avevano definito priva di basi scientifiche la sua diagnosi sulla paziente curata dallo psicoterapeuta.
La consulente, ascoltata in aula nelle ultime udienze del processo, ha infatti redatto una relazione sul minore A. attestando danni irreversibili sulla sua psiche. Il tutto, stando alle sue stesse dichiarazioni, senza aver elaborato alcuna diagnosi e, soprattutto, senza svolgere alcun tipo di test - nonostante le linee guida del suo ordine e le sue stesse affermazioni in vari scritti - per verificare lo stato psicologico del minore. «Nonostante tali ingiustificate omissioni diagnostiche – assenza di diagnosi, mancanza di colloqui psicodiagnostici e omessa somministrazione di test e domande - la Consulente», afferma Bauccio, ha affermato l’esistenza di «irreparabili danni sotto il profilo del suo sviluppo emotivo, affettivo, relazionale e cognitivo», oltre che «deflessione del tono dell’umore, ansia, insicurezza, confusione mentale, correlabili all’impropria privazione dei suoi diritti relazioni ed alla salute e che inficia il suo funzionamento in ogni principale area di vita».
La prova «della falsità delle conclusioni della dottoressa Rossi», scrive nella sua richiesta il legale, sta nella relazione dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile dell’Ausl di Reggio Emilia, che dopo numerosi test e svariati incontri con A. nel 2020 - oltre un anno dopo gli arresti di Angeli e Demoni - ha escluso parametri fuori dai valori di normalità. Insomma, nessun danno irrevocabile, come quello attestato da Rossi, finito in uno dei tanti capi d’imputazione del processo. «È chiaro sottolinea Bauccio - che un danno a tutte le sfere di vita del bambino, ivi compresa quella cognitiva, nelle forme della irreversibilità attestato all’aprile 2019, non potrebbe mai risultare scomparso e invisibile ai test, domande – regolarmente svolti senza incidenti e danni al minore – somministrati e alla diagnosi effettuati dalla struttura pubblica specializzata a solo un anno di distanza ( maggio- luglio 2020)». Test che, stando al racconto di Rossi, non sarebbero stati somministrati proprio per evitare danni al minore, danni di cui, però, nessuna fonte scientifica o linea guida nazionale parla. Per tale motivo, secondo la difesa di Bolognini, la psicologa avrebbe «consapevolmente offerto una falsa rappresentazione del processo descrittivo dei presupposti fattuali riguardanti lo stato mentale» di A., «rappresentato come un bambino irreparabilmente danneggiato in tutte le sue aree di vita – emotivo, affettivo, cognitivo, relazionale – attraverso un processo descrittivo dei fatti abnorme e inveritiero». Ma non solo: Rossi, in aula, ha confermato di non aver formulato alcuna diagnosi, affermando però, nella sua consulenza, «l’esistenza di una disfunzione della psiche e di danni irreparabili». Affermazioni affette da «un’insanabile dicotomia».
L’udienza di ieri ha registrato altri fatti interessanti per le difese del processo. A partire dalle dichiarazioni di Claudia Nasi, presidente dell’associazione “Casina dei bimbi”, la Onlus che aveva stipulato con l’ente locale l’accordo multilaterale dal quale ha poi avuto origine il progetto “La Cura” di Bibbiano e che si occupava degli arredi dei locali. Nasi - che in fase di indagine aveva manifestato risentimento per “Hansel e Gretel”, sostenendo che non erano stati coinvolti nel progetto ha invece dovuto ammettere, sulla base dei documenti depositati dalla difesa di Federica Anghinolfi (Rossella Ognibene e Oliviero Mazza) che i rapporti erano andati avanti per due anni con chat private, proposte, partecipazione ad eventi, fino anche alla realizzazione del logo dell’associazione “Rompere il silenzio”, di cui Foti era direttore.
Secondo la narrazione dei primi mesi delle indagini, “Casina dei bimbi” si era ribellata subito alla onlus “Hansel e Gretel”, ma tale frattura si sarebbe concretizzata solo il 21 dicembre 2018 - 10 giorni prima della chiusura del progetto - con una delibera di «presa di distanza» dai Servizi. Nasi, però, è stata sentita a sit dai carabinieri tre giorni dopo, senza portare con sé quella delibera, fatto apparso strano alle difese. Su domanda di Bauccio, che ha chiesto quali comportamenti avessero provocato questa presa di distanza, Nasi ha affermato che «correva voce» che il progetto potesse proseguire anche oltre la scadenza, ma non vi era un rinnovo automatico del progetto. Ma non solo: Nasi si è recata dai carabinieri insieme ad un’amministrativa dell’associazione, Francesca Fabiani: «Mi avevano detto che si trattava dell’associazione e mi sono fatta accompagnare, perché lei sa tutto», ha detto rispondendo ad una domanda di Giuseppe Sambataro, difensore, insieme a Nicola Canestrini, dell’assistente sociale Francesco Monopoli. Ma il fatto più curioso è che la sit è firmata da entrambe. Insomma, sommarie informazioni “di coppia”. Sentita nuovamente a novembre 2019, Nasi non parlò della delibera, ma di una pec all’Unione val d’Enza mai rintracciata e che quattro anni dopo non risulta ancora consegnata.
Tra gli altri testi anche Gianluigi Mariani, presidente della onlus “Il melograno”, tra quelle convocate dall'Ausl per il servizio di psicoterapia del trauma, alla quale fu preferita “Hansel e Gretel”. A domanda di Bauccio, Mariani ha chiarito che il compenso offerto ai loro psicoterapeuti andava dai 30 ai 60 euro, ma a causa di queste cifre basse l’associazione si era ritrovata ad avere problemi di bilancio, confermando, dunque, che con tali tariffe era impossibile svolgere il servizio.